tag:blogger.com,1999:blog-20036987594763402902024-03-14T03:23:38.948+01:00ChiodometallicoMetallaro dalla mente aperta, redattore musicale, opinionista non richiestoUnknownnoreply@blogger.comBlogger350125tag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-74367777434874438552023-02-16T20:16:00.001+01:002023-02-16T20:16:29.891+01:00Il 16 Febbraio 1981 debuttavano dal vivo The Sisters Of Mercy, in streaming una registrazione della serata<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlGJdvFNwKWQiTk2JdUXFwfLjjc7xsUyV7UC6A7avswqyoHJ6miOVW8N3I9gMLc6-1TxmRbpcRfVrWbYrfivqvmJ8FjtqUyaDte077dMcbmaFG-88nmpX6mCY89BdXpOJcfVxfHlLTf8TYprcKmsJ-1eVWR-CP-WOEPiI9itWdl8pQ2SCADw558xTWsg/s888/The%20Sisters%20Of%20Mercy%201981%20SUONI%20DISTORTI%20MAGAZINE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="888" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlGJdvFNwKWQiTk2JdUXFwfLjjc7xsUyV7UC6A7avswqyoHJ6miOVW8N3I9gMLc6-1TxmRbpcRfVrWbYrfivqvmJ8FjtqUyaDte077dMcbmaFG-88nmpX6mCY89BdXpOJcfVxfHlLTf8TYprcKmsJ-1eVWR-CP-WOEPiI9itWdl8pQ2SCADw558xTWsg/w640-h360/The%20Sisters%20Of%20Mercy%201981%20SUONI%20DISTORTI%20MAGAZINE.jpg" width="640" /></a></div><p>Il <b>16 Febbraio 1981</b>, un lunedì, una giovane band britannica gothic rock/post-punk proveniente da Leeds tenne il suo primo concerto a York. In formazione vi erano il cantante <b>Andrew Eldritch</b>, il chitarrista <b>Gary Marx</b>, il bassista <b>Craig Adams</b> ed il batterista <b>Doctor Avalanche</b> (Boss DR55)… erano <b>The Sisters Of Mercy</b> al loro debutto live.</p><p>La nuova band si esibì in supporto alle serata della band new wave/post-punk <b>Thompson Twins</b>, attivi dal ’77 e, quella sera, intenti a promuovere il loro debutto discografico <i><b>‘A Product Of… (Participation)’</b></i>. Lo show fu un evento benefico a per il movimento britannico CND, a favore di una campagna per il disarmo nucleare.</p><p><b>Thompson Twins</b> e <b>The Sisters Of Mercy</b> si esibirono all’<b>Alcuin College della University of York</b>. Questi ultimi all’epoca avevano rilasciato solamente un singolo, l’anno precedente, <i><b>‘The Damage Done/Watch/Home Of The Hit-men’</b></i>, ma erano intenzionati a fare strada sin da subito, come poi avvenne.</p><p>La set-list dei <b>Sisters Of Mercy </b>fu composta da sette pezzi, tra i quali tre cover: <i><b>‘Teachers’ </b></i>di <b>Leonard Cohen</b>, <i><b>‘1969’</b></i> dei <b>The Stooges</b> e <i><b>‘Sister Ray’</b></i> dei <b>The Velvet Underground</b> – affiancate a quattro loro canzoni come <i><b>‘The Damage Done’</b></i>, <i><b>‘Watch’</b></i>, <i><b>‘Good Things’</b></i> e <i><b>‘Adrenochrome’</b></i>.</p><p>Dal player di seguito è disponibile l’unica registrazione audio conosciuta di quella performance (con tutte le carenze del caso), che cattura <b>The Sisters Of Mercy</b> suonare <i><b>‘Good Things’</b></i>:</p>
<center><iframe allow="autoplay" frameborder="no" height="166" scrolling="no" src="https://w.soundcloud.com/player/?url=https%3A//api.soundcloud.com/tracks/40310613&color=%23160d0b&auto_play=false&hide_related=false&show_comments=true&show_user=true&show_reposts=false&show_teaser=true" width="100%"></iframe><div style="color: #cccccc; font-family: Interstate, "Lucida Grande", "Lucida Sans Unicode", "Lucida Sans", Garuda, Verdana, Tahoma, sans-serif; font-size: 10px; font-weight: 100; line-break: anywhere; overflow: hidden; text-overflow: ellipsis; white-space: nowrap; word-break: normal;"><a href="https://soundcloud.com/godsandalcoves" style="color: #cccccc; text-decoration: none;" target="_blank" title="Gods & Alcoves">Gods & Alcoves</a> · <a href="https://soundcloud.com/godsandalcoves/sisters-of-mercy-good-things" style="color: #cccccc; text-decoration: none;" target="_blank" title="Sisters of Mercy, "Good Things", live Leeds, 16 Feb 1981">Sisters of Mercy, "Good Things", live Leeds, 16 Feb 1981</a></div></center><br />Per il resto, la storia dei <b>The Sisters Of Mercy </b>la conosciamo un pò tutti. La band, tra diversi cambi di formazione, ha dato alle stampe tre full-lenght quali <i><b>‘First and Last and Always’</b></i> del 1985, <i><b>‘Floodland’</b></i> del 1987 e <i><b>‘Vision Thing’</b></i> del 1990; oltre ai vari singoli, Ep e raccolte. Sebbene la band smise di pubblicare album, durante i propri live ha proposto più volte nuove canzoni.<div><br /></div>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-84147855878697290062022-12-21T15:23:00.001+01:002022-12-21T15:23:29.411+01:00ULTH - Umidus Lacer Tecte Horrificus<p style="text-align: left;"><b></b></p><p style="text-align: left;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5AJOSldxj6LwGYl-WphsRZxDOsehr10Rm4EblujSbOaJkyNkdFWz9Js-6hEs-ILmePdRz82b-3ny5nI6c5Q6bTwuOzr1skDqbCXv8bvLBKkNCSgHaMrv4H4-OhnCZqD0GE2t2xpIeuBLXZ7D8YCMCi_iAlx-VmB-49EFOa_BHjSEnnnq4jLPPikP56A/s500/Ulth%20-%20Umidus%20Lacer%20Tecte%20Horrificus%20EP%202023%20recensione%20SUONI%20DISTORTI%20MAGAZINE.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="500" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5AJOSldxj6LwGYl-WphsRZxDOsehr10Rm4EblujSbOaJkyNkdFWz9Js-6hEs-ILmePdRz82b-3ny5nI6c5Q6bTwuOzr1skDqbCXv8bvLBKkNCSgHaMrv4H4-OhnCZqD0GE2t2xpIeuBLXZ7D8YCMCi_iAlx-VmB-49EFOa_BHjSEnnnq4jLPPikP56A/w200-h200/Ulth%20-%20Umidus%20Lacer%20Tecte%20Horrificus%20EP%202023%20recensione%20SUONI%20DISTORTI%20MAGAZINE.jpg" width="200" /></a></div>Ulth - <i>Umidus Lacer Tecte Horrificus</i></b> (2023 - Herbivorous Records)</div><p></p><p>Era da tempo che non mi soffermavo a un ascolto attento di un prodotto underground, e intendo davvero underground!</p><p>In questo caso mi riferisco ai partenopei <b>Ulth</b>, un duo formatosi nel 2018 e composto da Walter Schroeder dietro chitarra e voce insieme a Dario Graziano alla batteria (entrambi già nei Totenwagen, l’ultimo anche nei Naga – formazioni estreme attive nel sottobosco metallico tricolore da un pò di anni).</p><p>I due musicisti hanno preso le distanze delle band di provenienza, in parte, realizzando l’EP di debutto <i>‘Umidus Lacer Tecte Horrificus’ </i>che vedrà luce il prossimo 18 Gennaio 2023 tramite Herbivorous Records.</p><p>Il disco contiene quattro tracce attraverso le quali gli <b>Ulth</b> tendono a dimostrare come sia possibile prodigarsi in territori sonori Metal senza, però, avvalersi di chitarre distorte. La loro musica, rigorosamente acustica, si spinge in territori folk con ritmiche che arrivano a quella primordiale pesantezza dei vecchi dischi “black metal” – annessa produzione marcia (che non vuol dire necessariamente scadente) e un sound – in generale – molto oscuro, malsano e sgraziato. Tant’è che la band si presenta come proponitrice di musica primordiale, berciata ed acustica, con tutte le ragioni del caso.</p><p>Alcune inflessioni mi hanno portato in mente i Windir, per farvi un esempio (con le dovute differenze ovviamente) dai tratti partenopei. Di fatto, due dei quattro brani presenti sono cantati in italiano, ovvero <i>‘Sguscia La Notte’</i> e <i>‘Napoletana a Spade’</i> – quest’ultima con Marco Troise alla voce pulita. Ma fanno “capolino” anche alcune rimembranze degli altrettanto italiani (e ormai sciolti) Spite Extreme Wings di <i>‘Non Dvcor, Dvco’</i>.</p><p>Sicuramente <i>‘Umidus Lacer Tecte Horrificus’</i> potrebbe essere il primo passo in una strada che, se percorsa bene, potrebbe portare a risultati davvero pregevoli nel genere. Di certo, e questo è palpabile in ogni munito di ascolto del disco, gli <b>Ulth</b> palesano una bella e radicata attitudine e credono in quello che fanno (e ciò non è da poco).</p><p>Si può essere estremi anche senza distorsioni e bestialità elettriche? Assolutamente si, e gli <b>Ulth</b> lo stanno dimostrando. Un esordio niente male, seppur qualche angolo da smussare potrebbe esserci, e magari una produzione un pò più all’altezza potrebbe essere un beneficio per la proposta musicale, anche se, a dirla tutta, così com’è risulta molto viscerale (e l’ho apprezzata).</p><p>Che dire in chiusura? Sono curioso di ascoltare la mossa successiva.</p><p><br /></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-25800985879681381872022-12-13T23:17:00.001+01:002022-12-14T23:28:02.152+01:00La prima canzone Rock della storia, il risultato di una lunga ed estenuante ricerca<p> Cari amici rockers, vi siete mai chiesti quale fosse <b>la prima canzone Rock della storia?</b> Noi si, e per cercare di giungere a un esito (il più certo possibile) abbiamo effettuato alcune ricerche, avvalendoci di svariate fonti e differenti archivi della musicologia e storia della musica in generale.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgy69yXBM0maFl_a9E5TKnj0bkJnUXJVPbmx85NPSWxuY7gyWh9m9SHKU1hdjy_4z-94Fzy7CKBqT4EY0RfNlhq8WUUb5EbXj0YnUclmp6bM07kGLF861JXFHuF5y_CVQkFoTU9E77iqQxlXy6yGaqgNunxP4UmnvHmEOyxCS6r2pjUkPWItG-WgwzHTw/s888/Qual-e-la-prima-canzone-Rock-della-storia-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE-2022.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="888" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgy69yXBM0maFl_a9E5TKnj0bkJnUXJVPbmx85NPSWxuY7gyWh9m9SHKU1hdjy_4z-94Fzy7CKBqT4EY0RfNlhq8WUUb5EbXj0YnUclmp6bM07kGLF861JXFHuF5y_CVQkFoTU9E77iqQxlXy6yGaqgNunxP4UmnvHmEOyxCS6r2pjUkPWItG-WgwzHTw/w640-h360/Qual-e-la-prima-canzone-Rock-della-storia-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE-2022.webp" width="640" /></a></div><p>Ci sono diversi pareri su <b>quale sia la prima canzone Rock nella storia della musica</b>, alcuni con un comune pensiero, altri discordanti per vari motivi, ma tutti con un comune denominatore, il germe della musica <b>Rock </b>vede la sua origine nel periodo ’40/’50 (e fin qui, ci saremmo arrivati un pò tutti, no?)</p><p>Ma alla domanda <i><b>“qual è la prima canzone Rock della storia?”</b></i>, ci si inizia a incamminare in un sentiero tortuoso di riflessioni e considerazioni, di lunghe ed estenuanti ricerche, che pare – oggi – siano arrivate a un punto abbastanza certo.</p><p>Comunemente, viene indicato come primo artista Rock il mitico <b>Chuck Berry</b> o l’altrettanto grande <b>Jerry Lee Lewis</b> o, ancora, <b>Bill Haley</b>. Ma ci sono artisti, antecedenti a loro, che hanno composto canzoni generanti il genere (scusate il gioco di parole). Teniamo conto che, in ogni caso, <b>il Rock originariamente è “nero” </b>– ovvero nasce dalla cosidetta musica nera, cioè Blues, R n’ B, Gospel, Jazz, Soul e Swing.</p><p>Diversi studiosi (ed appassionati) si sono lanciati alla ricerca della <b>prima canzone Rock della storia</b>, tenendo in considerazione alcuni punti che, successivamente, divennero anche caratteristiche stilistiche del genere musicale interessato.</p><p>Con molte voci concordanti, viene ritenuta generalmente la prima canzone Rock della storia <i><b>‘Rocket 88’</b></i> di <b>Jackie Brenston</b> e <b>Ike Turner </b>del <b>1951</b> – definita anche come prima canzone nella quale venne inserita una chitarra “distorta” – ma altri studiosi, ritengono che si debba andare ancora indietro nel tempo per trovare la risposta giusta (o, almeno, la più corretta possibile).</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/Gbfnh1oVTk0" width="320" youtube-src-id="Gbfnh1oVTk0"></iframe></div><p>Tra questi ultimi “obiettori” vi è l’autorevole Professore <b>Joseph Burns</b>, insegnante e ricercatore presso l’Università della Louisiana, sostenendo – dati alla mano – che la prima canzone Rock della storia sia stata <i><b>‘That’s All Right’</b></i> di <b>Arthur Crudup</b> pubblicata nel <b>1946</b>. (Si, proprio quella riproposta successivamente da <b>Elvis Presley</b>, che la portò all’attenzione del grande pubblico e dei media).</p><p>Illustrando l’esito della propria ricerca, il Prof. sottolinea come <i><b>‘That’s All Right’</b></i> contenga tutte le caratteristiche che possano definirla una canzone Rock (e la prima con le stesse in quel tempo)… Chiari origini blues arricchita da inserti sonori di matrice country, con alcuni lievi accenti jazzistici, e influssi gospel e folk. Inoltre, il pezzo in questione – spiega Burns – conterrebbe <b>il primo assolo di chitarra nella storia del Rock.</b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/uxHQUvCkV20" width="320" youtube-src-id="uxHQUvCkV20"></iframe></div><p>Sembrava che la grande ricerca fosse giunta al termine, ma poi venne messo in discussione tutto con <i><b>‘Roll ‘Em Pete’</b></i>, brano di <b>Pete Johnson</b> e <b>Big Joe Turner</b> registrato nel <b>1938</b>.</p><p>Sebbene nella canzone non sia presente alcuna chitarra, tra quelli che vengono definiti “elementi chiave” del Rock, il ritmo e la composizione sono dei risultati che riportano immancabilmente a ciò che avvenne da lì in avanti nella musica.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/-cNW2dZMyWE" width="320" youtube-src-id="-cNW2dZMyWE"></iframe></div><p>In ‘<i><b>Roll ‘Em Pete’</b></i> ci sono forti giri di Blues con trascinanti influenze swing – che saranno caratteristiche ben presenti nel Rock per i due decenni successsivi (vedasi, ad esempio, le canzoni di <b>Jerry Lee Lewis</b> e dell’immortale <b>Elvis</b>, tra i tanti).</p><p>Bene. Credo che, allo stato attuale, si possa definire quest’ultima come <b>prima canzone Rock della storia</b>, con le dovute riserve. Di certo, stare qui a fare un’attenta analisi a ritroso nel tempo comporterebbe un enorme spazio – e di certo non basterebbe un semplice articolo come quello che state leggendo. Ma di base, abbiamo trovato il punto di partenza; da dove tutto ebbe inizio… <b>forse!</b></p><p>Se volessimo allungare il discorso, ci sarebbe anche da capire cosa veniva (e viene, spesso) definito <b>Rock</b>, ma andremmo ad intavolare un discorso quasi infinito… meglio terminare qui!</p><p>Alla prossima!</p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-21192298482233858392022-12-04T23:00:00.006+01:002022-12-14T23:16:30.816+01:00Quel concerto in cui i Motörhead fecero crollare l'intonaco, per i volumi troppo alti<p>Nell’aprile del 1984 i seminali <b>Motörhead</b> partirono con il <b>No Remorse Tour</b>, che li vide in giro per diversi palchi in supporto all’allora ultima uscita discografica <i><b>‘No Remorse’</b></i> (una compilation con l’aggiunta di quattro nuove tracce rilasciata il 15 settembre di quell’anno, la trovi <i><a href="https://amzn.to/3PqJU0O" target="_blank">qui</a></i>).</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmP-X93JqtquLsbUy1atQEhCXAY17jBeE5rku63AGDfGWdiH7-vwb6N9Qyv8b046p6kIqWZ-57Uqeb1pSwe6503LNhs8zuIrzOj1C2CZVxwamaH7J18oVQVyWJN5wf220CiMbpGQXnIDyOxiYMV50nFqvabnH1SMEfsmlGTMJCmy7W8-Uf-TZxpATNcQ/s770/Motorhead-variety-theatre-1984-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE-3.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="542" data-original-width="770" height="281" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmP-X93JqtquLsbUy1atQEhCXAY17jBeE5rku63AGDfGWdiH7-vwb6N9Qyv8b046p6kIqWZ-57Uqeb1pSwe6503LNhs8zuIrzOj1C2CZVxwamaH7J18oVQVyWJN5wf220CiMbpGQXnIDyOxiYMV50nFqvabnH1SMEfsmlGTMJCmy7W8-Uf-TZxpATNcQ/w400-h281/Motorhead-variety-theatre-1984-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE-3.webp" width="400" /></a></div><p>Tra le varie tappe del tour, i <b>Motörhead</b> passarono anche dal leggendario <b>Variety Theatre di Cleveland</b>, in Ohio (bellissima struttura che oggi, purtroppo, versa in stato di abbandono). Esattamente era il <b>2 Dicembre del 1984</b> e lo show fu leggendario!</p><p>All’epoca la formazione dei <b>Motörhead</b> era a quattro componenti: <b>Lemmy Kilmister</b> al basso e voce, <b>Phil Campbell</b> e <b>Michael “Würzel” Burston</b> alle chitarre e <b>Pete Gill</b> alla batteria.</p><p>Durante la performance della sedicesima canzone in set-list, l’omonima <i><b>‘Motorhead’</b></i>, parte dell’intonaco si staccò dal tetto, cadendo, a causa degli elevati decibel emessi dalla band. L’evento è ormai storico e fece etichettare <b>Lemmy Kilmister</b> e compagni come <i><b>“La band più rumorosa del mondo”</b></i>, raggiungendo addirittura i <b>130 decibel</b> – una roba pazzesca, se consideriamo che stare esposti a un’emissione prolungata di 85 dB comporta un’elevatissima probabilità di danneggiare l’apparato acustico con la conseguente perdita dell’udito.</p><p>[Il “record”, sino ad allora, venne tenuto dagli <b>Who</b> con i loro 126 dB raggiunti durante una performance del 1976.]</p><p>Per evitare ulteriori danni o, peggio ancora, altri crolli con annesso pericolo per i fans presenti e per la stessa band, i <b>Motörhead</b> conclusero lo show suonando gli ultimi due pezzi, <i><b>‘Bomber’</b></i> e <i><b>‘Overkill’</b></i>, in acustico.</p><p>Presente al concerto vi era l’allora 19enne <b>Joseph Lanza</b> (sfegatato fan dei <b>Motörhead</b>), che fingendosi giornalista riuscì a “intrufolarsi” al Variety Theatre con un pass.</p><p>Lo stesso Lanza (originario proprio di Cleveland) racconta di quella serata, non solo per il crollo dell’intonaco (che fece diventare storico il concerto), ma anche di un <b>Lemmy</b> che non tutti forse conoscono e della sua esprienza unica da fan.</p><p>Il pomeriggio prima del concerto, la band si presentò all’interno di un negozio di dischi del luogo, lo Shattered Record, incontrando i fan. In quell’occasione Lemmy si dimostrò particolarmente gioviale e molto coinvolto dalla situazione, quindi il giovane si sentì incoraggiato ad avvicinarsi al suo idolo. Ma prima di questo avvicinamento ci sono state situazioni davvero pazzesche che lo stesso Joseph ha raccontato:</p><p><i><<Ho visto che i Motorhead stavano arrivando in città e iniziai a pensare, “Forse potrei dire loro che scrivo per una rivista e che sto cercando di realizzare una storia sulla band”. Cosi chiamai la loro etichetta discografica e mi proposi!>></i></p><p>Il giovane Lanza non aveva mai scritto nulla e non era un giornalista, figuriamoci se collaborava per qualche testata. Ma gli venne un’idea per l’occasione:<i> <<Ero amico di David James, un adolescente punk di Parma Heights che portava avanti una fanzine chiamata ‘Negative Print’. Quindi, quando mi chiesero per chi scrivevo, citai la suddetta.>></i></p><p>La “rivista” del caso era un prodotto molto underground, realizzato con fotocopie e con un seguito abbastanza esiguo. Tuttavia Joseph mentì, poiché l’etichetta non conosceva quella piccola realtà locale: <i><<Mi hanno chiesto quale fosse la circolazione di ‘Negative Print’ e io ero tipo “uh, uh, uh… 130.000 copie?”>></i> In realtà si aggirava intorno alle 100 copie, quando andava bene.</p><p>A seguito della telefonata il giovane non ebbe immediati riscontri: <i><<Non ho sentito nessuno successivamente ed ho pensato, “Beh, almeno ci ho provato, però mi hanno beccato”. Poi, tipo tre giorni prima dello spettacolo, ricevo la chiamata di conferma!>></i></p><p>Prima dello spettacolo dei <b>Motörhead</b>, Joseph si ritrovò al cospetto di Lemmy, intento a sorseggiare il suo amato Jack Daniel’s (immaginiamo l’emozione). Lo stesso racconta: <i><<Ero agitato. Lemmy mi diede una bottiglia di Jack e disse: “Ecco qua, questo ti calmerà”. Beveva e fumava moltissimo! Ci ritrovammo insieme, nel tourbus, e andammo immediatamente d’accordo. Lui capì subito che ero troppo giovane per fare quel mestiere, era davvero molto intelligente! Ma fece di tutto per non farmi sentire stupido o cattivo per questo. Non gli importava neanche dell’intervista – era solo un ragazzo davvero simpatico che voleva divertirsi.>></i></p><p>Alla fine del tempo concesso, Lanza uscì dal bus per entrare al <b>Variety Theatre</b> e godesi lo spettacolo, ma inciampando perse il suo pass. Quindi tornò indietro per recuperarlo; si recò nuovamente al tourbus dei <b>Motörhead</b> convinto di averlo dimenticato al suo interno: <i><<Sono tornato all’autobus ma vidi Lemmy che aveva iniziato a camminare verso il locale. Gli spiegai l’accaduto… prese il suo pass per il backstage e me lo diede, dicendo “Usa il mio, non mi serve, penso che sappiano chi sono!”>></i></p><p>Circa il concerto e l’intonaco caduto, Joseph racconta: <i><<È stato incredibile vederli suonare mentre l’intonaco veniva giù. Tutti guardavano in alto, anche la band indicava l’intonaco che cadeva durante le canzoni!>>.</i></p><p>Il concerto dei <b>Motörhead</b> al <b>Variety Theatre</b> del <b>2 Dicembre 1984</b>, è stato l’ultimo show ospitato dalla struttura. Successivamente venne chiusa per inagibilità.</p><p>Di seguito alcune foto da quello storico concerto dei <b>Motörhead</b> scattate da <b>Joseph Lanza</b>:</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRinBCBiE5fGID3TJJjyxPIcR_Ob0z0w5fvkV_-KrXuharhc0zE3-WC5gF2iZlc8Fzee4t-n8EFW4DHesVvW2jRwYilM0XhnmNSNpFnF2NOBSVjQnjzhmSvCO_6t1DRGZqqsM-pjVVus_0GIF7HkY3WfnuuVNqmeNqv4h2-Uo1SqfAqUMk_7PUYkYKHA/s770/Motorhead-variety-theatre-1984-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE-2.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="502" data-original-width="770" height="418" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRinBCBiE5fGID3TJJjyxPIcR_Ob0z0w5fvkV_-KrXuharhc0zE3-WC5gF2iZlc8Fzee4t-n8EFW4DHesVvW2jRwYilM0XhnmNSNpFnF2NOBSVjQnjzhmSvCO_6t1DRGZqqsM-pjVVus_0GIF7HkY3WfnuuVNqmeNqv4h2-Uo1SqfAqUMk_7PUYkYKHA/w640-h418/Motorhead-variety-theatre-1984-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE-2.webp" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOb8hdvPhjok6h3AXZhtV1EDgrF1SkNGHhBPv6ypbsWwFXp7mh3IQ_2dvhItVbHCAlrFl1izp-OqGpTqnOcILYkLSNRcmlYXcxNf0Uyzo3xLaekZl6iEFHf04__FJ4BR10cFR_-z_k_hnP4csNN3g2Y3F9cS1VhvqDtRvU1VvMpCpv4an1zQ-jR0llzQ/s804/Motorhead-variety-theatre-1984-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE-4.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="804" height="398" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOb8hdvPhjok6h3AXZhtV1EDgrF1SkNGHhBPv6ypbsWwFXp7mh3IQ_2dvhItVbHCAlrFl1izp-OqGpTqnOcILYkLSNRcmlYXcxNf0Uyzo3xLaekZl6iEFHf04__FJ4BR10cFR_-z_k_hnP4csNN3g2Y3F9cS1VhvqDtRvU1VvMpCpv4an1zQ-jR0llzQ/w640-h398/Motorhead-variety-theatre-1984-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE-4.webp" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQjpLwiZotCwMmo1T78I3DsNXd2Elu44S6P2YT0bFjNQoyOhHzKJQHpjMnZuT_9gQuFffkd4oqW5C1ch0kUbbAXAM4jbFs2s-L6VDMmRjnv-PhwMQA18btnkT3Is_rHzxabbPHm3UvJHtiyA4dPdpEUmtFJY_90yz50jOt2g3KW70f_I0Jb4qtLjt0Ag/s770/Motorhead-variety-theatre-1984-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE-3.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="542" data-original-width="770" height="450" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQjpLwiZotCwMmo1T78I3DsNXd2Elu44S6P2YT0bFjNQoyOhHzKJQHpjMnZuT_9gQuFffkd4oqW5C1ch0kUbbAXAM4jbFs2s-L6VDMmRjnv-PhwMQA18btnkT3Is_rHzxabbPHm3UvJHtiyA4dPdpEUmtFJY_90yz50jOt2g3KW70f_I0Jb4qtLjt0Ag/w640-h450/Motorhead-variety-theatre-1984-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE-3.webp" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbeh6kWkKDNJF6KwAEaWG7hvzP2qvfX0gBuWd9ZNmBmx5OIdI04yVUcHysfH2qJD2AMv7Tf-jwnsIowZpYMLUOlG29CHh3UbSB4QbyUHrlVCfk60-sYEyccvvKOSFnC6qqP4SmSbR5OaCBn5aV3pvRvutVzZeHUn6ahMGDtabIcWfswtSaq_p0Y663qQ/s770/Motorhead-variety-theatre-1984-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="489" data-original-width="770" height="406" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbeh6kWkKDNJF6KwAEaWG7hvzP2qvfX0gBuWd9ZNmBmx5OIdI04yVUcHysfH2qJD2AMv7Tf-jwnsIowZpYMLUOlG29CHh3UbSB4QbyUHrlVCfk60-sYEyccvvKOSFnC6qqP4SmSbR5OaCBn5aV3pvRvutVzZeHUn6ahMGDtabIcWfswtSaq_p0Y663qQ/w640-h406/Motorhead-variety-theatre-1984-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE.webp" width="640" /></a></div><p>Questa la set-list suonata dai <b>Motörhead</b> in quello show: <i>Iron Fist / Stay Clean / Heart of Stone / The Hammer / Metropolis / Shoot You in the Back / Jailbait / Killed by Death / Ace of Spades / Steal Your Face / Nothing Up My Sleeve / (We Are) The Road Crew / Bite the Bullet / The Chase Is Better Than the Catch / No Class / Motorhead / Bomber (acoustic version), / Overkill (acoustic version).</i></p><p style="text-align: center;"><b>Il Variety Theatre di Cleveland, Ohio (U.S.A.)</b></p><p>Costruito nel 1927, il Variety Theatre ha ospitato uno dei primi cinema a schermo singolo di Cleveland, prima di diventare un iconico luogo di musica. Il palco principale, ampio 20.000 piedi quadrati, ha ospitato artisti del calibro di <b>Metallica</b>, <b>Dead Kennedys</b> e <b>REM</b> prima della “fatale” esibizione dei <b>Motörhead</b>. Da allora venne abbandonato e lasciato a se stesso.</p><p>Dalle ultime notizie di cui siamo a conoscenza (risalenti all’Aprile 2015), si dice che grazie agli sforzi della The Friends of the Historic Variety Theatre, un’organizzazione proprietaria dell’enorme edificio, è stato realizzato un progetto per rigenerare il luogo. Come ha riportato – nella data indicata sopra – il britannico DailyMail, pare che l’organizzazione abbia in programma di abbellire la sezione teatrale dell’edificio, trasformandola ancora una volta in un luogo di musica. Chi vivrà vedrà…</p><p><br /></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-55981687912119384332021-08-12T12:47:00.000+02:002021-08-12T12:47:03.103+02:00KJÜMMO – Kjümmo<p><b></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Z1NZNTMRrGc/YRT8DNTTWgI/AAAAAAAAgYw/gJMdWbAK33U_ow7xrjbal2yGv4tIocg-QCNcBGAsYHQ/s460/Kjummo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="460" data-original-width="460" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-Z1NZNTMRrGc/YRT8DNTTWgI/AAAAAAAAgYw/gJMdWbAK33U_ow7xrjbal2yGv4tIocg-QCNcBGAsYHQ/w200-h200/Kjummo.jpg" width="200" /></a></b></div><b>Kjümmo - <i>Kjümmo</i></b> (2020 - Duff Records)<p></p><p>I <b>Kjümmo</b>, sebbene abbiano un moniker che sembri provenire dal nord Europa, provengono dalla soleggiata e bellissima Calabria. Il nome (‘piombo’ nel dialetto regionale) promette quello che sarà l’ascolto, di fatto il loro omonimo Ep di debutto <i>‘Kjümmo’ </i>vi cascherà sulla testa travolgendovi con una grinta invidiabile.</p><p>Il trio vede impegnati membri di interessanti realtà già note nella scena di Cosenza e non solo: Aldo D’Orrico (Al The Coordinator, Muleskinner Boys), Anthony W. Calabrese (N.I.A. Punx, The Blatters) e Francesco De Napoli (La Fine, The Malgioglios). Tutti e tre già in collaborazione nei Miss Fräulein.</p><p>Quattro tracce presenti su <i>‘Kjümmo’</i> per una durata totale di circa 10 minuti che vi lasceranno deliziati. La parola d’ordine è Motörhead, perché l’odor di Lemmy e soci è palpabile quasi nella totalità della durata, ma con le dovute precauzioni per non giungere al plagio (e non è poco nel genere proposto). Certo, ci sono diverse situazioni sonore già sentite, ma la band crea anche una miscellanea sonora che pesca dal garage, dal punk rock e, in alcuni frangenti, anche dal metal.</p><p><i>‘Assassination’</i> apre l’Ep con una marcia al fulmicotone in 4/4, dove ad arricchire troviamo anche un assolo e le linee vocali al sapor di jack e sigarette. Quel cantato ruvido ma non troppo che personalmente ho gradito non poco. Un buon pezzo hard’n’roll che farà la felicità di chi ascolta. <i>‘Baby Lavon’</i> ha influssi garage e surf che vi faranno sculettare, che vede la partecipazione di Giulietta dei <a href="https://chiodometallico.blogspot.com/2017/03/i-manomorta-e-saettone-lep-duro-come-un.html">ManomortA</a> alla seconda voce. Si giunge alla fine in maniera festosa che, in sede live, farà smuovere tutti.</p><p>Segue <i>‘Pretty Rabbit Eyes’</i> con un ritmo più contenuto, dove diversi sono i riferimenti punk (di quello leggero che fa sempre piacere come accompagnamento ad una bevuta). Nel finale si aumentano le battute con annessi coretti perfettamente inseriti. A concludere, come per l’apertura, un missile in-your-face intitolato <i>‘Cherryless’</i> dove alle pesanti influenze dei Motörhead si arriva a soluzioni che sfociano nel metal, con alcuni spunti che mi hanno fatto venire in mente certi istanti di Anthrax-iana memoria (con cori annessi).</p><p>In definitiva, <i>‘Kjümmo’</i> è un Ep che per mia volgare disattenzione e mal informazione mi era sfuggio. Uscito nel Novembre scorso tramite Duff Records, ora avrà tutti gli ascolti che non ho potuto dare negli scorsi mesi. Perché vi assicuro che una volta entrato nel lettore cd sarà difficile cacciarlo, per quanto mi riguarda.</p><p>Un debutto interessante al quale, spero, presto sarà dato un seguito.</p><p>Per il momento e tutto, alla vostra!</p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-36901958427180946602021-06-24T12:34:00.001+02:002021-08-12T12:42:45.503+02:00IREFUL – The Walls of Madness<p><b></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><a href="https://1.bp.blogspot.com/-lIs0XWC91m8/YRT68gSNgDI/AAAAAAAAgYo/LzyVG8m5FpkGcnBpjarAISEQLd2ILFW8ACNcBGAsYHQ/s450/Ireful-the-walls-of-madness-Ep-2021-Suoni-Distorti-Magazine.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="445" data-original-width="450" height="198" src="https://1.bp.blogspot.com/-lIs0XWC91m8/YRT68gSNgDI/AAAAAAAAgYo/LzyVG8m5FpkGcnBpjarAISEQLd2ILFW8ACNcBGAsYHQ/w200-h198/Ireful-the-walls-of-madness-Ep-2021-Suoni-Distorti-Magazine.jpg" width="200" /></a></b></div><b>Ireful - </b><i><b>The Walls of Madness</b></i> (2021 - varie etichette)<p></p><p>Oggi vi parlo di una nuova band proveniente dalla solare e meravigliosa Palermo, ma che di solare ha poco, vista la furia distruttiva perpetrata dai musicisti coinvolti. Gli <b>Ireful</b>, attivi dal 2019, hanno pubblicato quest’anno l’Ep d’esordio intitolato <i>‘The Walls of Madness’</i> – in vari formati per diverse etichette, tra cui anche un’edizione giapponese con due bonus tracks aggiuntive.</p><p>La formazione è composta da membri di band che nella scena underground (siciliana in questo caso) hanno elargito – ed elargiscono – ottima musica; Eraser, Shock Troopers, Daemonokrat e Hellraiders, per citarne alcune da cui provenogno questi musicisti decisamente incazzati.</p><p>Gli Ireful propongono un martellante thrash metal che renderà felicissimi tutti i fans del genere. Nonostante la band non abbia la presunzione di innovare nulla, mantiene alta la bandiera del genere con prepotenza e attitudine. L’Ep<i> ‘The Walls of Madness’</i> risulta molto compatto ed omogeneo, con influenze che partono dai Metallica di metà anni 80, ma con quella incazzatura e convinzione efficaci che, forse, Hetfield e compagni avrebbero potuto mettere in più quando pubblicarono il masterpiece <i>‘Master Of Puppets’</i> (non me ne vogliano i ‘Tallica fans). Ma non mancano anche ispirazioni più in generale della Bay Area, oltre ad alcuni tratti più europei.</p><p>I primi due pezzi – dei cinque presenti, <i>‘Panzerschreck‘</i> e <i>‘Fear and Loathing on U-96‘</i>, si muovono in maniera guerrafondaia, senza esularsi da alcuni istanti più cadenzati e ragionati, mentre dalla successiva <i>‘Sicko’s Short Fuse‘ </i>si parte direttamente ad un attacco che non lascia prigionieri. <i>‘Rusty Nail‘</i> irromperà dal vostro stereo con il rischio di farvi lesionare le pareti di casa, per poi giungere al gran finale con <i>‘The Walls of Madness’</i>, title-track che racchiude un po’ tutto il senso e l’anima di questa ottima band. Con un inizio cavalcante, il brano, poi, si avvia verso una corsa cieca che vi si schiafferà in faccia senza pietà, per lasciare un pò l’acceleratore in conclusione.</p><p>Ogni parte è al proprio posto, dalla feroce base ritmica di Vio-Ful (Fulvio Campanella) alla batteria e Medusa (Anselmo Calaciura) al basso – quest’ultimo anche al microfono dal quale urla rabbia e sguaiatezza lodevoli di Exodus-iana memoria – sino alle chitarre di Thunderbolt (Matteo Sòllima) e MadPig (Fabrizio Ingallina), che tra riff assassini ed assoli affilati non sembrano risparmiarsi in nulla.</p><p><i>‘The Walls of Madness’</i> degli Ireful è stato prodotto e registrato da Marco Cangelosi allo Stratjvari Recording Lab di Palermo, mentre mixaggio e masterizzazione sono stati curati da Lorenzo Bellia (Noia, Murk, Nightshock) presso Audiovolt Studio (Firenze)</p><p>Giungendo alle considerazioni finali, questo Ep sembra venir fuori direttamente dagli anni 80. Sia come produzione, sia come composizioni e, importantissimo, come attitudine selvaggia e stradaiola.</p><p>Come si suol dire, promossi!</p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-68939024108815167212021-06-23T12:29:00.002+02:002021-08-12T12:48:21.552+02:00LA STORIA DI HARD ROCK & HEAVY METAL<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-b0KTMFSijrY/YRT47NL6bSI/AAAAAAAAgYg/P_yJpvensrUFStWPYRFNYLSGrP7vI07DwCNcBGAsYHQ/s500/B094Y7KCQ2.01._SCLZZZZZZZ_SX500_.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="370" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-b0KTMFSijrY/YRT47NL6bSI/AAAAAAAAgYg/P_yJpvensrUFStWPYRFNYLSGrP7vI07DwCNcBGAsYHQ/w148-h200/B094Y7KCQ2.01._SCLZZZZZZZ_SX500_.jpg" width="148" /></a></div><b>Luca Masperone</b> e <b>Daniele Follero</b> <i>La Storia di Hard Rock & Heavy Metal</i> (2021 - Hoepli Edizioni)<div><br /></div><div>Sarò sincero, il mio approccio a <b>La Storia di Hard Rock & Heavy Metal</b>, nuovo libro edito da <b>Hoepli</b>, curato da <b>Ezio Guaitamacchi</b>, è stato leggermente scettico. Vuoi perché ne ho già letti un pò (quindi immaginandomi l’ennesimo “racconto del genere musicale”), chiedendomi cosa ci fosse ancora da dire sull’argomento. E poi, diciamocela tutta, quanti titoli sono usciti negli ultimi due lustri sull’argomento?<p></p><p><b>Luca Masperone</b> e <b>Daniele Follero</b>, i due autori, invece, mi hanno lasciato molto soddisfatto e contento della lettura. E’ nota la competenza dei due, che si riconferma con il buon esito de <b>La Storia di Hard Rock & Heavy Metal</b>.</p><p>La musica Heavy Metal ha da poco passato il mezzo secolo di esistenza (se partiamo come inizio dal debutto dei Black Sabbath del 1970. Ma è anche giusto ricordare che il temine “Heavy Metal Music” venne usato per la prima volta dal critico musicale Lester Bangs l’anno successivo, per descrivere la musica proposta ad un concerto dei Blue Öyster Cult), e questo libro rende omaggio in maniera dignitosa ed eccellente al genere.</p><p>Si inizia con delle prefazioni scritte da Pino Scotto, Michael Weikath (Helloween) e Aaron Stainthorpe (My Dying Bride), che tra aneddoti e altro raccontano il loro ingresso nel panorama musicale che noi tutti amiamo.</p><p>Tornando al libro...</p><p>Masperone e Follero scrivono minuziosamente da dove tutto ebbe inizio, fino ad arrivare ai giorni nostri, con in più l’aggiunta di un capitolo che, in maniera più sommaria, racconta l’arrivo e l’evoluzione in Italia del genere musicale con annessi interventi esterni. La lettura non annoia mai (neanche per un’istante). Seppur il libro si basi su momenti, bands e dischi cardine dell’Heavy Metal, gli autori puntano, con tanti e diversi particolari, note e aneddoti, a completare il racconto di questo magico e meraviglioso, seppur spesso aggredito, genere sonoro. Tra l’altro, ho trovato ottime sia l’impaginazione, le immagini (tutte a colori e di qualità) ed alcuni “corner” dove vengono anche inserite curiosità che tutti dovremmo sapere.</p><p>Dalle origini che vedono l’Arché nel Blues, fino al Nu-Metal, attraversando davvero tutto (dal Glam, al Thrash, al Death, fino al Viking, al Black e al Metalcore, per citare alcuni dei filoni principali) quello che venne successivamente e fino ai giorni nostri.</p><p>‘La Storia di Hard Rock & Heavy Metal’ è un libro che ogni amante del genere dovrebbe procurarsi a scatola chiusa. Una lettura estremamente interessante per conoscere l’Heavy Metal. Un’opera decisamente ambiziosa e tuttosommato completa, seppur, comprenderete, che servirebbe un’enciclopedia intera per poter dare spazio proprio a tutto e tutti.</p><p>Chi mi segue sa benissimo che evito sempre di dare voti a quello che recensisco, perché preferisco parlarne e dire la mia semplicemente. Ma se dovessi darlo (un voto) a questa Storia di Hard Rock & Heavy Metal, di certo sarebbe un 10 e lode! Un libro di altissima qualità!</p></div>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-12616168150310428222021-04-21T22:33:00.001+02:002021-04-26T22:39:49.455+02:00CANNIBAL CORPSE – Violence Unimagined<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-uQhlXpdGqqY/YIckKmRqU1I/AAAAAAAAgMs/NBeu_dLtvaEnDOnmKE5aaC9YhseGsr7bwCNcBGAsYHQ/s450/CANNIBAL-CORPSE-violence-unimagined-album-2021.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="450" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-uQhlXpdGqqY/YIckKmRqU1I/AAAAAAAAgMs/NBeu_dLtvaEnDOnmKE5aaC9YhseGsr7bwCNcBGAsYHQ/w200-h200/CANNIBAL-CORPSE-violence-unimagined-album-2021.jpg" width="200" /></a></div> <b>Cannibal Corpse - <i>Violence Unimagined</i> (2021 - Metal Blade Records)</b> <p></p><p>I <b>Cannibal Corpse</b> hanno pubblicato da pochissimo il nuovo album <b><i>‘Violence Unimagined’</i></b>,
con una violenza inimmaginabile (riprendendo il titolo), come solo loro
riescono a regalare. Non esistono cedimenti, non esistono fondamentali
cambi di strada, non c’è “vecchiaia” che possa arrestarli… i <b>Cannibal Corpse</b>
sono tornati a farsi ben sentire con tutta la loro violenza, il loro
splatter, sangue ovunque ed ovviamente tante cose che ognuno di noi si
aspetterebbe da loro, e sono adorabili proprio per tutto questo
bellissimo schifo!</p>
<p>La prima novità da annoverare è la presenza in pianta stabile del chitarrista <b>Erik Rutan</b> (anche per lui non occorrono presentazioni), che ha prodotto questo <b><i>‘Violence Unimagined’</i></b> pubblicato lo scorso 16 aprile da Metal Blade Records – storico <i>partner in crime</i> dei <b>Cannibal Corpse</b>. Quindi parliamo anche del primo album di Corpse senza Pat O’Brien (allontanato a sèguito del suo arresto).</p><p>
Seppur in linea di massima il disco è tutto ciò che vi aspettereste
dalla band, ci sono innalzamenti qualitativi, sia a livello compositivo
(Rutan ha dato anche un importante contributo), sia per quanto concerne
la tecnica; con una base ritmica spettacolare in cui <b>Webster</b> si riconferma un bassista distruttivo e <span class="testo_medio"><b>Mazurkievicz</b>
è riuscito a superare se stesso. A volte gli assalti frontali raggirano
l’ascoltatore afferrandolo in maniera più ragionata, ma non per questo
meno letale e distruttiva.</span></p><p><span class="testo_medio"></span>I brani si pongono con tanta rabbia, come ad esempio <b><i>‘M</i></b><span class="testo_medio"><b><i>urderous Rampage’</i></b>, <b><i>‘Necrogenic Resurrection’ </i></b>e la dinamitarda <b><i>‘Surround, Kill, Devour’</i></b>, ma senza esulare da aree piene di monolitico groove e e diverse sfumature, come il mid tempo in <b><i>‘Inhuman Harvest’</i> </b>o i vari accorgimenti all’interno di<b><i> ‘Follow The Blood’</i></b>. Tutte le undici nuove composizioni, è inteso, sapranno far prendere fuoco al vostro stereo senza alcun problema. </span></p>
<p><span class="testo_medio"><b>George Fisher</b> si muove con
agile rabbia ricordando a tutti di essere uno dei migliori frontman in
circolazione, sempre sfoderando le sue metriche malsane, attorniato da
riff di chitarra che vi fioccheranno sui timpani senza pietà – che in
questo nuovo disco si presentano più taglienti, con un <b>Barret</b> molto ispirato, tra l’altro. Qui e lì, troverete anche alcuni riferimenti al passato.</span></p>
<p>Godrete pienamente del nuovo disco dei<b> Cannibal Corpse</b>,
soprrattutto se farete più di un ascolto, durante i quali troverete
sfumature davvero interessanti. Certo, la forma sonora e compositiva
resta, in larga parte, ferma a quello che avete ascoltato ad oggi della
band con Fisher alla voce, ma non stanca e resta sempre e comunque una
formula vincente. Un pò come le copertine dei loro dischi.</p>
<center><iframe allow="accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture" allowfullscreen="" frameborder="0" height="333" src="https://www.youtube.com/embed/9l2j3JUKa_M" title="YouTube video player" width="600"></iframe></center>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-66562698812628501672021-04-12T22:38:00.001+02:002021-04-13T22:47:08.651+02:00SMITH/KOTZEN – Smith/Kotzen<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-KnfzuESS8vw/YHYB6A-BWLI/AAAAAAAAgKs/k7zVua4XZAgr2ftUDIHxPoxRz9fcMsXrgCNcBGAsYHQ/s450/smith-kotzen-album-2021.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="450" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-KnfzuESS8vw/YHYB6A-BWLI/AAAAAAAAgKs/k7zVua4XZAgr2ftUDIHxPoxRz9fcMsXrgCNcBGAsYHQ/w200-h200/smith-kotzen-album-2021.jpg" width="200" /></a></div><b>Smith/Kotzen - <i>Smith/Kotzen</i> (2021 - BMG)</b><p></p><p>Quest’anno la lunga amicizia tra <b>Adrian Smith</b> e <b>Richie Kotzen</b> ha raggiunto un nuovo livello, dando vita anche ad una collaborazione artistica con il nuovo progetto <b>Smith/Kotzen</b>, con cui i due hanno rilasciato a marzo l’omonimo debut album. C’è poco da dire sui due musicisti, Smith è co-autore e parte importante degli <b>Iron Maiden</b>, mentre Kotzen è l’ex chitarrista di <b>Poison</b> e <b>Mr. Big</b> (e più di recente nei <b>The Winery Dogs</b>), senza contare la corposa carriera solista. <br /></p><p>Il debut album <i>‘Smith/Kotzen’ </i>regala all’ascoltatore tante, ma proprio tante, melodie affascinanti. I due artisti hanno unito le proprie qualità componendo brani hard rock pregevoli, dove oltre a sfoggiare “duelli” alla sei corde si abbracciano anche nelle linee vocali (Kotzen, nello specifico, denota alcune rimembranze circa il compianto <b>Chris Cornell</b>). Il primo singolo apripista <i>‘Taking My Chances’</i> mise subito i fans sulla strada in cui sarebbe andato il disco, e così è stato. Brani come il suddetto o <i>‘Running’</i> mostrano un grande affiatamento tra Smith e Kotzen, con anche la presenza di un corposo groove di fondo. Presenti anche le radici blues dei musicisti, come, ad esempio, in <i>‘Some People’</i> e <i>‘Glory Road’</i>. <br /><br />All’interno di questo bellissimo disco troviamo anche due batteristi ospiti speciali quali <b>Nicko McBrain</b> degli <b>Iron Maiden</b>, che personalizza con il suo tocco <i>‘Solar Fire’</i> ed il sessionist <b>Tal Bergman</b> su <i>‘You Don’t Know Me’</i>, la ballad <i>‘I Wanna Stay’</i> e <i>‘‘Til Tomorrow’</i>. <br /><br />Un disco che si apprezza con estrema facilità e che, sono certo, sarà un ascolto molto piacevole per tutti!</p>
<center><iframe allow="accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture" allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/OOyeowWVwN8" title="YouTube video player" width="600"></iframe></center>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-52674041628683307982021-04-03T20:42:00.030+02:002021-10-10T21:16:22.039+02:0010 curiosità su Robert Smith ed i suoi The Cure<p>A proposito dei <b>The Cure</b>, parliamo di una band di culto, all’apice del successo nei 90s ma che tutt’ora vanta una folta schiera di aficionados. Il frontman <b>Robert Smith</b>, poi, è diventato una vera icona della scena Rock a livello globale.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-U_RrtRPwT7U/YWM7sS2l3nI/AAAAAAAAga4/QtB7TXtdDu05xFy3MqXqhcW1YD6tdPyIQCNcBGAsYHQ/s777/TheCure.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="453" data-original-width="777" height="300" src="https://1.bp.blogspot.com/-U_RrtRPwT7U/YWM7sS2l3nI/AAAAAAAAga4/QtB7TXtdDu05xFy3MqXqhcW1YD6tdPyIQCNcBGAsYHQ/w514-h300/TheCure.jpg" width="514" /></a></div><p>Ma cosa sappiamo davvero della band e di Robertino? Forse tutto è stato già detto, ma non tutti sanno (forse) alcune curiosità sui <b>The Cure</b> e, sopratutto, su <b>Robert Smith</b> che, in alcune occasioni, riesce a mettere in ombra l’intera band con il suo carisma – in fondo i <b>Cure</b> è lui, non credi?</p><p>Ecco dunque <b>10 cose Robert Smith ed i suoi The Cure</b> che dovete sapere!</p><p style="text-align: left;"></p><h3><ul style="text-align: left;"><li><b>1. The (Cure) beginning</b></li></ul></h3><p></p><p>La prima formazione della band si chiamava Obelisk, che Smith fondò tra i banchi di scuola insieme a Michael Dempsey e Lol Tolhurst. A parte alcune brevi parentesi con Siouxsie and the Banshees e con i Glove, Smith si è sempre e solo dedicato alla sua band, che da Obelisk divennero gli Easy Cure – nel 1977 – e successivamente The Cure.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>2. The Cure sono io!</b></li></ul></h3><p>The Cure sono mandati avanti da Robert Smith (unico membro fisso sin dalla formazione – che ad oggi ha visto 9 cambi), arrivando, a volte, ai limiti della dittatura – così dicono fonti vicine alla band. Fondamentalmente è lui a comporre, scrivere e decidere quasi ogni cosa. Volendo, potremmo dire che la band sia un contorno al personaggio – o se preferite i The Cure sono lui!</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>3. Siouxie ti cambia la vita</b></li></ul></h3><p>I Siouxie and the Banshees stravolsero la concezione musicale di Robert Smith, e di conseguenza anche dei The Cure. Prima dei primi tour dei The Cure (era il 1979), che suonarono in supporto a Siouxie nel Join Hands Tour, il frontman aveva la fissazione di voler diventare come i Buzzcocks o una specie di Beatles versione punk, ma a sèguito di quella tournè Smith ebbe un cambio di visione, affermando: <i><<Suonare con i Banshees ha cambiato del tutto il mio atteggiamento rispetto a ciò che volevo fare>>.</i></p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>4. Bimbi belli, ma non i miei</b></li></ul></h3><p></p><p>A Robert piacciono i bambini, ma ha deciso di non averne in quanto si dichiara incapace di disciplinarsi, quindi figuriamoci educare eventuale prole. Tuttavia passa volentieri del tempo con i suoi amatissimi nipoti e pronipoti – circa 25 in totale; ed alcuni di questi fecero i disegni presenti nell’artwork dell’omonimo album <i>‘The Cure’</i> del 2004 (nell’immagine sotto, la copertina). Smith chiese loro di disegnare la propria visione di un bel sogno e di un incubo.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-5fmv-0kXsEw/YWM5CkQCQoI/AAAAAAAAgaw/3Ga5pyFPNDAIbrdp8F6ljXcAadOUhjEJQCNcBGAsYHQ/s316/The_Cure_album_cover.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="316" data-original-width="316" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-5fmv-0kXsEw/YWM5CkQCQoI/AAAAAAAAgaw/3Ga5pyFPNDAIbrdp8F6ljXcAadOUhjEJQCNcBGAsYHQ/w320-h320/The_Cure_album_cover.jpg" width="320" /></a></div><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>5. ‘Disintegration’… roba da pazzi</b></li></ul></h3><div><i>‘Disintegration’</i>, l’ottavo album della band uscito il 1° maggio del 1989, mise paura alle etichette discografiche (sia Elektra Records, che lo pubblicò negli Stati Uniti, che la Fiction Records, che lo fece uscire nel Regno Unito), poiché pensavano che fosse un “suicidio” dal punto di vista commerciale. Nonostante i timori le etichette fecero questa “pazzìa” di farlo uscire e, da subito, riscosse un successo planetario. Con milioni di copie vendute <i>‘Disintegration’</i> portò i The Cure a calcare palchi ancora più importanti. Per dare un’idea citiamo lo show allo Stadio di Wembley andato in sold-out e al Giant Stadium di New York davanti a 44.000 persone (addirittura 30.000 i biglietti venduti in un solo giorno!).</div><div><br /></div><div>Circa i lavori per <i>‘Disintegration’</i>, in una intervista per Rolling Stone, Smith ha raccontato: <i><<E’ stato registrato in maniera più concentrata rispetto ai dischi precedenti, alla fine dell’autunno, nella campagna inglese. Era malinconico. L’atmosfera era completamente diversa. Era molto, molto cupa. Io non dicevo una parola, una situazione che con il tempo è diventata quasi divertente. Passavo appunti a Roger O’Donnell per dirgli cosa andava bene e cosa no, non volevo parlare. Credo che ne conservi ancora qualcuna. Suona artificioso, stupido, ma ero convinto di dover creare un’atmosfera in cui tutti comunicassero in maniera non-verbale. Si capisce che prendevo gli acidi, no? In qualche modo pensavo che scrivere, invece che parlare, sarebbe stato lo stesso, anche se ovviamente non era così. Sarebbe stato tutto più semplice se avessi usato la voce. Ma l’idea mi piaceva. Tornavo nella mia stanza e scoppiavo a ridere. Mi dicevo: “Stai diventando pazzo”. Ma nel giro di un paio di settimane tutti, credo, hanno improvvisamente realizzato quello che stava succedendo.>></i></div><div><br /></div><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>6. Se non ti piacciono i Cure, sono fatti tuoi!</b></li></ul></h3><div>Se non vi piacciono i dischi dei The Cure, anche se siete loro fans, loro se ne stra-fregano! La cosa più importante per la band è che loro siano soddisfatti ed appagati… se poi agli altri piace, bene, altrimenti, pazienza.</div><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>7. Marito perfetto… cotonato e con rossetto</b></li></ul></h3><p>Robert Smith si è sposato con Mary Poole il 13 agosto del 1988 ed è un marito amorevole. I due si findanzaroni ai tempi delle scuole e, dopo ben 14 anni di fidanzamento, convolarono a nozze. (Mary compare anche nel video di <i>‘Just like Heaven’</i> (del 1987) vestita di bianco). Circa la decisione di non avere figli citata sopra, Robert ha detto: <i><<So cosa ci siamo persi, ma penso di ricompensare mia moglie rimanendo nei suoi confronti lo stesso ragazzo di quando ci siamo conosciuti>></i>.</p><p>Altra curiosità: La canzone <i>‘Lovesong’</i>, come ha raccontato Robert, è un suo regalo di nozze alla moglie.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="310" src="https://www.youtube.com/embed/n3nPiBai66M" width="514" youtube-src-id="n3nPiBai66M"></iframe></div><br /><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>8. Dov’è l’album solista di Smith?</b></li></ul></h3><p>Al di fuori dei The Cure c’è un “fantomatico” album solista di Robert Smith che, da posticipazione a posticipazione, sembra non si avvicini mai a veder la luce. Certo, essendo un musicista polistrumentista e con la mente sempre in movimento, è deducibilissimo che Smith abbia del materiale nuovo spesso pronto. Ma fatto sta che da solista ha rilasciato solamente una cover di <i>‘Pirate Ships’</i> di Wendy Waldman e la più nota e recente traccia <i>‘Very Good Advance’</i>, scritta nel 2010 per la colonna sonora del film di Tim Burton <i>‘Alice In Wonderland’</i>.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/BFEXXqe4UGw" width="503" youtube-src-id="BFEXXqe4UGw"></iframe></div><br /><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>9. Un debutto all’odor di razzismo</b></li></ul></h3><p><i>‘Killing An Arab’</i> è il primo singolo rilasciato dai The Cure, che a suo tempo fece da apripista all’album di debutto <i>‘Three Imaginary Boys’</i> del 1979. Ispirato dal libro Lo Straniero di Albert Camus, il brano ha creato sempre problemi alla band</p><p>Sin da subito The Cure vennero accusati (senza reale motivo del resto) di razzismo, anti-islamismo e additati per incitamento all’odio. Ma Robert Smith ha sempre risposto a tali accuse dicendo: <i><<Non è colpa mia se il protagonista ha ucciso un arabo, poteva essere un inglese o uno scandinavo, non può essere un problema mio se voi non avete letto il libro>>.</i></p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>10. Robert chi?</b></li></ul></h3><p>Robert James Smith è nato il 21 Aprile del 1959, quindi è del segno del Toro. Ha iniziato a suonare all’età di 14 anni con una formazione che lo vedeva affiancato da alcuni amici e familiari. Il cantante dei The Cure (alto 1,78) è diventato un’icona dello stile dark, con i suoi capelli cotonati, il trucco nero agli occhi, il rossetto sbavato, la camicia scura larga e scarpe da ginnastica chiare. Per quanto molti pensano che Smith sappia solo cantare e suonare la chitarra, in realtà è un polistrumentista e suona anche il basso, il violino, il violoncello, il flauto, le percussioni, il pianoforte, le tastiere, il synth e l’armonica a bocca.</p><p>Ci sono curiosità o aneddoti che vuoi condividere con me e con chi sta leggendo? O magari pensi che avrei dovuto inserire qualcos’altro? Qui sotto puoi commentare liberamente e dire la tua! Alla prossima!</p><p><i>(Questo articolo lo dedico alla meravigliosa Simona, la mia futura moglie, che adora tantissimo Robert Smith ed i The Cure)</i></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-11648946027678096092021-03-09T09:00:00.072+01:002021-10-14T17:07:30.486+02:009 Marzo 1970, al Roundhouse di Londra il primo concerto dei Black Sabbath<p> Il 9 Marzo del 1970, in quel di Londra – per la precisione al <b>Roundhouse</b>, ex edificio ferroviario sito in Cadmen Town – i <b>Black Sabbath</b> suonarono il loro primo live.</p><p>La band in origine si chiamava <b>Earth</b> e proponeva varie cover rock blues, ma appesantì il suono aggiungendo aria sinistra alle proprie composizioni, tirando fuori l’omonimo album <i><b>‘Black Sabbath’</b></i>, pubblicato il 13 febbraio di quell’anno, meno di un mese prima della performance. Il nome della band fu cambiato in quanto esisteva già un altro gruppo con lo stesso moniker. Il nuovo nome venne da un’idea di Butler (grande appassionato dei romanzi di magia nera e horror) che conosceva il film <i>‘I tre volti della paura’</i> di Mario Bava del 1963 – nella versione inglese, il film venne intitolato <i>‘Black Sabbath’</i>. Il bassista scrisse una canzone riprendendone il titolo, e quasi subito questo divenne il nuovo nome della band.</p><p>La band, con la formazione classica comprendente <b>Ozzy Osbourne</b> alla voce, <b>Tony Iommi</b> alla chitarra, <b>Geezer Butler</b> al basso e <b>Bill Ward</b> alla batteria, debuttò dal vivo proponendo anche alcune canzoni che rientreranno nel successivo album, <i><b>‘Paranoid’</b></i>, uscito il 18 settembre dello stesso anno.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-cVpWxsm0Ln0/YWhGX0rMvoI/AAAAAAAAgbw/QwH655xwnlsi37MH6Trj8RoRLDrZLXjdwCNcBGAsYHQ/s1800/Edwyn-Collins-In-the-Round-Roundhouse-credit-John-Williams.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1800" height="378" src="https://1.bp.blogspot.com/-cVpWxsm0Ln0/YWhGX0rMvoI/AAAAAAAAgbw/QwH655xwnlsi37MH6Trj8RoRLDrZLXjdwCNcBGAsYHQ/w568-h378/Edwyn-Collins-In-the-Round-Roundhouse-credit-John-Williams.jpg" width="568" /></a></div><p>Nella foto qui sopra, scattata nel 1970 da<b> John Williams</b>, potete vedere l’interno del <b>Roundhouse</b> in cui debuttarono dal vivo i <b>Black Sabbath</b>.</p><p style="text-align: center;"><b>Un po' di storia della location</b></p><p>Nato come capannone per le ferrovie di Londra e Birmingham, <b>The Roundhouse</b> è uno dei centri di arti dello spettacolo più iconici di Londra. Costruito originariamente nel 1846 e oggi un edificio di interesse storico culturale di Grado II, il <b>Roundhouse</b> è diventato famoso per la sua storia decorata che ha visto ospitare spettacoli artistici che vanno dall’unica commedia di <b>Andy Warhol</b> a oratori radicali come <b>Allen Ginsberg </b>e <b>Stokey Carmichael</b>.</p><p>Il <b>Roundhouse</b> è forse meglio conosciuto oggi per aver ospitato concerti che definirono la carriera di alcuni dei più grandi nomi della musica, molti dei quali sono entrati nel folklore musicale. Questa era una tradizione iniziata la prima notte del <b>Roundhouse</b> come luogo di spettacoli d’avanguardia quando un gruppo rock psichedelico allora poco conosciuto chiamato<b> Pink Floyd</b> (o <b>‘The Pink Floyd’</b> come scritto sul poster dell’evento) guidato da <b>Syd Barrett</b> titolò un ‘rave notturno per lanciare un nuovo giornale underground’ il 15 ottobre 1966. </p><p>Negli anni Sessanta e Settanta, il <b>Roundhouse</b> divenne famoso per le sue serate in discoteca. Il famoso <b>Middle Earth Club</b> della città si è trasferito nella sede alla fine degli anni ’60 e ha visto il <b>Roundhouse</b> accogliere artisti come <b>Jimi Hendrix</b>, <b>Jefferson Airplane</b> e <b>The Doors</b>. Il Middle Earth Club avrebbe anche dato ai<b> Led Zeppelin</b> il loro concerto di debutto nella capitale britannica. Anche il club settimanale Implosion del <b>Roundhouse</b> è stato un grande successo, portando artisti del calibro di <b>The Rolling Stones</b>, <b>Elton John</b>, <b>Black Sabbath</b> e <b>The Who</b> a Camden. Durante una notte di Implosion, il compianto <b>David Bowie</b> ha entusiasmato il <b>Roundhouse</b> come frontman di <b>The Hype</b> nel 1970 notoriamente vestito da supereroe, un’abitudine che sarebbe diventata parte integrante della sua immagine più avanti nella sua carriera.</p><p style="text-align: right;">Alla prossima!</p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-78171046613409799962021-03-02T21:24:00.004+01:002021-10-10T21:52:21.669+02:0010 curiosità su Kurt Cobain dei Nirvana che non tutti sanno<p>Non occorrono presentazioni quando si parla di <b>Kurt Donald Cobain</b>, compianto fondatore e leader dei <b>Nirvana</b>. All’artista, suicidatosi (così dicono) a 27 anni – il 5 aprile 1994, sono stati dedicati diversi libri, documentari, canzoni e tanto altro; probabilmente molti della mia generazione ne avranno anche le tasche piene di sentir parlare di lui e della sua band. Tuttavia ci sono cose che non tutti sanno su <b>Kurt Cobain</b> dei Nirvana, un’icona della scena <b>Grunge</b> e, in generale, della musica degli anni 90.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-gMyEQzPuyw4/YWND-CUyHdI/AAAAAAAAgbA/OjzG1Cd8qqY3GCgWRJX8cKTY1ErsC3TGQCNcBGAsYHQ/s1400/Kurt-Cobain_live_1993.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="788" data-original-width="1400" height="313" src="https://1.bp.blogspot.com/-gMyEQzPuyw4/YWND-CUyHdI/AAAAAAAAgbA/OjzG1Cd8qqY3GCgWRJX8cKTY1ErsC3TGQCNcBGAsYHQ/w557-h313/Kurt-Cobain_live_1993.jpg" width="557" /></a></div><p>Io resto fermo dell’idea che, chi scrive su internet (nella posizione in cui mi trovo io), debba tener conto anche delle “nuove leve” di ascoltatori/lettori, quindi porsi sempre con un occhio verso chi si affaccia in maniera fresca al panorama della musica Rock e affini. E poi, non dimentichiamolo, anche noi siamo stati dei novellini con la fame di apprendere e scoprire. I <b>Nirvana</b>, che piacciano o meno, hanno comunque lasciato un segno indelebile!</p><p>Dopo aver fatto una ricerca approfondita, come per ogni ìmio articolo del genere, sono qui a scrivere le <b>10 curiosità su Kurt Cobain dei Nirvana che non tutti sanno</b>.</p><p>Prendendo spunto dal mitico Salvatore Aranzulla… vi invito a sedervi comodi, stapparvi una birra, mettere nello stereo un disco qualsiasi dei Nirvana. Potreste scoprire anche voi qualcosa che prima non sapevate, chissà… partiamo dalla base.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>1. Nome di famiglia</b></li></ul></h3><p>Il secondo nome di Kurt Cobain è Donald, questo perché il padre – un meccanico di auto – si chiamava Donald Leland Cobain.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>2. Sognando uno zoo</b></li></ul></h3><p>Il musicista era un amante degli animali, al punto da aver pensato di aprirsi uno zoo (per quanto sia paradossale voler mettere in gabbia delle povere bestiole che si sostengono d’amare). Bruce Pavitt, fondatore della Sub Pop (etichetta vantava anche i Nirvana nel proprio roster) durante un’intervista raccontò una chiacchierata fatta con Cobain: <i><<Mi disse che gli avrebbe fatto piacere aprire uno zoo di animali domestici. Ci stava solo pensando, ma l’energia che ricevevo era un po’ “magica”. Kurt mi disse: “posso praticamente fare tutto quello che voglio. Vorrei avviare una fattoria didattica.”>></i></p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>3. Dolori misteriosi</b></li></ul></h3><p>Kurt soffriva di dolori allo stomaco, spesso lancinanti, ai quali, però, non riuscì mai a trovare rimedio. Il musicista, come scrisse anche nei suoi diari, affrontò diverse visite mediche per questi, ma nessun dottore riuscì a capirne la causa. Tali dolori portarono Cobain ad abusare, sempre in maggior quantità, dell’uso di eroina. Era l’unico metodo che gli alleviasse la situazione.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>4. Il disco solista segreto</b></li></ul></h3><p>Cobain scrisse un album solista, che non venne mai terminato e, quindi, rimasto chiuso in un cassetto senza veder la sua pubblicazione. La notizia venne resa nota da Eric Erlandson, chitarrista delle Hole, che in una intervista svelò: <i><<Kurt scrisse un disco che andava in una direzione sonora davvero forte. Lavorava al progetto con persone diverse ed ero entusiasta di alcune cose che stava componendo, alcune le suonò davanti a me!. Con la sua morte tutto questo venne interrotto e la cosa mi ha portato molta tristezza. Chissà dove sarebbe arrivato con quel materiale. Era pronta anche la copertina… spero che un giorno vengano pubblicati quei pezzi, almeno per i suoi fans. Sono canzoni strazianti, dolci e al contempo toccanti. Non dirò di cosa si tratta, e comunque non posseggo niente di quella roba.>></i></p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>5. Il lavoro pre-Nirvana</b></li></ul></h3><p>Prima di fondare i Nirvana, il frontman svolse la mansione di bidello, dopo aver abbandonato gli studi al liceo. Ma un’altra esperienza lavorativa, prima di diventare il leader della band, fu anche l’istruttore di nuoto per bambini presso la sede dell’associazione benefica di matrice cristiana YMCA, ad Aberdeen.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>6. Voglio entrare nei Melvins</b></li></ul></h3><p>I Melvins sono stati una delle band preferite di Kurt nella sua adolescenza; a tal punto che l’esile e biondo musicista e cantautore si presentò a un’audizione per cercare di entrare nella band. Non venne preso perché i Melvins lo ritennero troppo timido, per i loro gusti.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>7. Bestemmiare sui muri porta guai</b></li></ul></h3><p>A tal proposito… una sera Cobain venne arrestato proprio mentre era in giro con King Buzzo (al secolo Buzz Osborne) dei Melvins, a causa di una scritta su di un muro fatta con la vernice spray. Kurt trascorse una notte in cella e, successivamente, disse a Buzzo che fu un esperienza orribile.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>8. Niente nomi punk rock, noi siamo i Nirvana</b></li></ul></h3><p>Stando a quanto dichiarato da Kurt, il nome della band doveva essere qualcosa di bello e carino, nulla di volgare, meschino e “punk rock”. Quindi scelse Nirvana, termine che – nel buddismo, nel giainismo e nell’induismo – indica una condizione di totale pace e serenità a sèguito di pratiche spirituali.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>9. L’amore per Profumo</b></li></ul></h3><p>Kurt amava <i>‘Profumo’</i>, romanzo pubblicato dallo scrittore tedesco Patrick Suskind nel 1985. Portava sempre con sè questo libro, che dichiarò di aver letto almeno 10 volte. Che si trovasse in lunghi viaggi o in momenti di noia, Cobain si relegava nel suo piccolo spazio e iniziava a leggerlo. Sì, si tratta del romanzo che venne adattato cinematograficamente con il titolo <i>‘Profumo – storia di un assassino’</i> nel 2006.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>10. Questo matrimonio non s’ha da fare</b></li></ul></h3><p>Sapete tutti che Kurt era sposato con Courtney Love, frontwoman delle Hole – unione dalla quale nacque Francis Bean Cobain.</p><p>I due si conobbero nella seconda metà del 1990 in un nightclub di Portland e lei fu propensa da subito a instaurare qualcosa di serio e duraturo, ma Cobain sembrava rifiutare l’idea. Dopo qualche tempo, però – verso la fine del 1991 – i musicisti si fidanzarono per poi sposarsi nel febbraio dell’anno successivo alle isole Hawaii… questo dopo che la Love scoprì di essere in dolce attesa. In quella occasione Kurt indossò un pigiama, mentre Courtney un vestito con vari lacci in satin, precedentemente di proprietà dell’attrice Frances Farmer.</p><p>Alla prossima!</p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-78066553723453436702020-12-09T20:16:00.002+01:002020-12-09T20:16:39.997+01:00SODOM - Genesis XIX<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-j1xzwB7KOT4/X9Ehi5jGQPI/AAAAAAAAf-Q/GR_DllSDROQRheYzrJqxtDATD_wErCXDQCNcBGAsYHQ/s450/Sodom-genesis-xix-album-2020.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="450" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-j1xzwB7KOT4/X9Ehi5jGQPI/AAAAAAAAf-Q/GR_DllSDROQRheYzrJqxtDATD_wErCXDQCNcBGAsYHQ/w200-h200/Sodom-genesis-xix-album-2020.jpg" width="200" /></a></div><b>Sodom - <i>Genesis XIX</i> (2020, Steamhammer/SPV)</b><p></p><p>Quest’anno i <b>Sodom</b> hanno pubblicato il nuovo album <i>‘Genesis XIX’ </i>tramite Steamhammer, a distanza di quattro anni dal precedente <i>‘Decision Day’</i>. In questo lasso di tempo Tom Angelripper non è stato fermo, apportando modifiche alla line-up (ora un quartetto) e rilasciando alcuni EP per “tenere buoni i fan” in attesa di questa release.</p><p>La strumentale apertura <i>‘Blind Superstition’</i> ci introduce all’ascolto, a cui segue la roboante <i>‘Sodom & Gomorrah’</i> – primo singolo d’anticipazione – che svela subito le carte in tavola. L’inossidabile Tom Angelripper, a distanza di quasi quattro decenni, continua a brillare con la sua linea vocale ruvida e diretta (spesso indiavolata). Thrash metal vecchia scuola di matrice teutonica come i Sodom ci hanno sempre abituati, con quel piglio quasi hardcore che si evidenzia anche nella successiva <i>‘Euthanasia’</i>. Il trademark della band è chiaro e non vuol saperne di cedere.</p><p>Nell’attuale formazione ritroviamo il chitarrista Frank ‘Blackfire’ Gosdzik (presente negli immortali <i>‘Agent Orange’</i> e <i>‘Persecution Mania’</i>) e il nuovo batterista Toni Merkel, capace di dare una grinta in più nella base ritmica. Potrei dire semplicemente che <i>‘Genesis XIX’</i> è il nuovo disco dei Sodom e questo potrebbe bastare a farvi capire di cosa stia parlando. Al suo interno, oltre a diverse parti rimembranti chiaramente le vecchie produzioni, troviamo una audace dinamica e alcuni accorgimenti che fanno sì che il disco scorri senza alcun intoppo, riuscendo ad entrarvi dentro fulminandovi senza pietà!</p><p>Non mancano martellate come la title-track e <i>‘The Harpooner’</i>, né momenti più cadenzati, ma non meno potenti, come quelli contenuti anche in <i>‘Nicht Mehr Mein Land’</i>. Fino alla chiusura del disco affidata alla cazzutissima <i>‘Friendly Fire’</i> avrete di che gioire se amate il metallo pesante e, ancor di più, se siete fan dei tedeschi.</p><p>Un disco in cui troverete commistioni sonore che rasentano quasi il black metal degli esordi, con alcune sfuriate death e tanto, tantissimo thrash metal fatto con classe e rabbia. Al suo interno anche alcuni assoli letali e tanti riff monolitici. I Sodom riconfermano la loro efficacia, con rinomata grinta e tanto da dire. Io, personalmente, li adoro da sempre!</p>
<center><iframe allow="accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture" allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/3WsdM3_AoWk" width="560"></iframe></center>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-11395402952317853712020-12-09T15:54:00.084+01:002021-10-14T16:19:16.276+02:0010 curiosità sugli Iron Maiden che non tutti sanno, forse<p>Parlare degli storici <b>Iron Maiden</b> è cosa ardua, a volte, e spesso, si rischia di cadere nel ripetitivo. Sui metal lords inglesi tutto è stato già detto e scritto, ma a volte sussistono curiosità che (forse) non tutti sanno. Specialmente chi si è affacciato da poco nel nostro amato panorama musicale <b>Heavy Metal</b>.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-vmgkM-fVx4w/YWg353LglbI/AAAAAAAAgbQ/UpariC20fgEITkhSlWoxNmbIJb7506L3gCNcBGAsYHQ/s700/Iron-Maiden.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="421" data-original-width="700" height="354" src="https://1.bp.blogspot.com/-vmgkM-fVx4w/YWg353LglbI/AAAAAAAAgbQ/UpariC20fgEITkhSlWoxNmbIJb7506L3gCNcBGAsYHQ/w589-h354/Iron-Maiden.jpg" width="589" /></a></div><p>Dunque, oggi ho deciso di scrivere alcune curiosità sulla band guidata da <b>Steve Harris</b>, che magari non tutti sanno, soprattutto i neofiti. Cosa c’è ancora da dire o da ricordare per quanto riguarda la <b><i>Vergine di Ferro</i></b>? Scopriamolo insieme di seguito con <b>Dieci curiosità sugli Iron Maiden che non tutti sanno, forse!</b></p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>1. McBrain ci ha provato, ma Steve Harris non ci sta!</b></li></ul></h3><p></p><p>La prima volta di Nicko McBrain agli arrangiamenti negli Iron Maiden è su <i>‘Where Eagles Dare’</i> (dall’album <i>‘Piece Of Mind’</i> del 1983). Per la intro il batterista aveva preparato uno spettacolare mini-solo di 7 secondi che comprendeva tutti i pezzi del suo drum kit, ma a Steve Harris non piacque molto. Il bassista allora si sedette alla batteria e suonicchiò quella che poi divenne (a sèguito di alcuni accorgimenti) la intro definitiva del brano.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="272" src="https://www.youtube.com/embed/46TKmvPDGGs" width="496" youtube-src-id="46TKmvPDGGs"></iframe></div><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>2. Il tourbus rapinato</b></li></ul></h3><p>Il primo tourbus della band venne battezzato Green Goddess e, nel 1979, alcuni ignoti rubarono dal suo interno strumentazione per il valore di 12.000 sterline. Fortunatamente gran parte della refurtiva venne recuperata.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>3. La band ha un tastierista… meglio di no!</b></li></ul></h3><p>Nel 1977 Steve fece entrare in line-up il tastierista Tony Moore, ma ebbe vita brevissima. Difatti, dopo un solo concerto capì che un tastiera non era affatto attinente nella band, quindi Moore venne cacciato.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>4. Registrazioni sparite</b></li></ul></h3><p></p><p>Gli Iron Maiden nel 1978 affittarono gli Spaceward Studios di Cambridge per registrare un demo di 3 pezzi: Prowler, Iron Maiden e Invasion. A causa del costo elevato (200 sterline) la band decise di riversare su nastro le registrazioni per poi trovare i soldi necessari per pagarsi un master magnetico originale. Tornati con il riscatto, però, scoprirono che il master venne cancellato.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>5. C’è sempre una prima volta</b></li></ul></h3><p>Nel 1981 gli Iron Maiden furono la prima band nella storia del rock a suonare in Jugoslavia.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>6. A Bruce piace Mr. Bean</b></li></ul></h3><p>Bruce Dickinson ha cantato per beneficenza insieme all’attore Rowan Atkinson (proprio lui, il mitico <b>Mr. Bean</b>!). I due incisero la cover di <i>‘Elected’</i> di Alice Cooper.</p><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>7. McBrain e i messaggi subliminali</b></li></ul></h3><p></p><p>McBrain nel brano <i>‘Still Life’</i> (dall’album <i>‘Piece Of Mind’</i> del 1983) ha registrato un messaggio al contrario in una sorta di dialetto che recita <i>“What ho sed de t’ing wid de t’ree bonce… Don’t meddle wid t’ings you don’t inderstand”</i>; ovvero <i>“Cosa ha detto il mostro con tre teste… Non intrometterti in ciò che non puoi comprendere!”</i>. Il tutto condito con un rutto. Il brano si pensa che sia ispirato al racconto <i>‘L’abitante del Lago’</i> di R. Campbell. La canzone parla di un tizio attratto come un magnete da un corso d’acqua. Vede la sua immagine riflessa su di esso, ha degli incubi e allaf ine vi salta dentro per sempre, portando con sè la sua sfortunata ragazza.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/uWXE_j2mwqM" width="510" youtube-src-id="uWXE_j2mwqM"></iframe></div><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>8. Copertine cangianti</b></li></ul></h3><p>La versione venezuelana di <i>Maiden Japan</i> ha una copertina differente. Eddie al posto di impugnare una sciabola tiene la testa mozza di Paul Di’Anno, mentre il corpo si trova riverso in terra, in basso sulla sinistra. Una rarità per i collezionisti di tutto il mondo!</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-cVjH5EetYtU/YWg65NtKfyI/AAAAAAAAgbY/T9eq1JBMtBwMJ9_6w4r0y27uJbojFmxLQCNcBGAsYHQ/s712/Maiden-Japan.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="346" data-original-width="712" height="263" src="https://1.bp.blogspot.com/-cVjH5EetYtU/YWg65NtKfyI/AAAAAAAAgbY/T9eq1JBMtBwMJ9_6w4r0y27uJbojFmxLQCNcBGAsYHQ/w539-h263/Maiden-Japan.jpg" width="539" /></a></div><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>9. Telefona anche tu con gli Iron Maiden</b></li></ul></h3><p>La British Telecom, una delle compagnie telefoniche presenti in Inghilterra, nel Gennaio 1996 dedicò una serie di schede telefoniche da 5 sterline agli Iron Maiden. Prima di loro un trattamento simile venne riservato solo ai Queen!</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-kI1qM3LPawA/YWg7YP5EY8I/AAAAAAAAgbg/w4LHtta9OEANksXseke8SvJCywwNdNoWQCNcBGAsYHQ/s600/British-Telecom-phonecard-IRON-MAIDEN.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="347" data-original-width="600" height="302" src="https://1.bp.blogspot.com/-kI1qM3LPawA/YWg7YP5EY8I/AAAAAAAAgbg/w4LHtta9OEANksXseke8SvJCywwNdNoWQCNcBGAsYHQ/w523-h302/British-Telecom-phonecard-IRON-MAIDEN.jpg" width="523" /></a></div><h3 style="text-align: left;"><ul style="text-align: left;"><li><b>10. Eddie chi? Quel mostriciattolo lì!</b></li></ul></h3><div>La mascotte Eddie nasce da una particolare storia inglese, divertente se intesa con il classico humor nero locale. Eddie nacque senza corpo. Tuttavia i suoi genitori lo amarono e ad ogni compleanno gli regalavano sempre un sacco di cappelli. Grazie alla tecnologia i medici dell’ospedale dissero ai suoi che avrebbero potuto dare un corpo al povero Eddie. Felici della cosa diedero subito il benestare per la costruzione del corpo, così da regalarglielo al compleanno successivo. Giunto il giorno i due andarono dal figlio e dissero <i>“Ciao Eddie, tutto bene? Questo sarà un compleanno fantastico per te! Abbiamo un meraviglioso regalo!”</i> E il ragazzo rispose: <i>“Oh no! Un altro fottuto cappello!”</i></div><div><br /></div><div>Il nome Eddie The Head in effetti nasce dal vezzeggiativo di The Head (la testa). dapprima tutti lo chiamavano Heady, poi Hedy e, successivamente, venne battezzato definitivamente Eddie. Era solo il teschio di uno zombie che la band posizionava dietro la batteria. A dargli corpo ed evoluzioni sulle copertine degli album andò in aiuto degli Iron Maiden il buon Derek Riggs.</div><p>Ci sono curiosità e/o aneddoti che secondo te avrei dovuto inserire ma ho saltato, o di cui non sono a conoscenza? Approfitta del modulo commenti qui sotto e condividilo.</p><p style="text-align: right;">Alla prossima!</p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-41175910145163926592020-12-01T17:28:00.002+01:002020-12-01T17:28:13.010+01:00DRIVE ME DEAD – s/t<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-O677I8Olx4Y/X8Zt38uWwrI/AAAAAAAAf9U/H_hChS-JAH05K_qRf6FdJ8ymB22o14YSACNcBGAsYHQ/s450/Drive%2BMe%2BDead%2BEP%2B2020.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="450" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-O677I8Olx4Y/X8Zt38uWwrI/AAAAAAAAf9U/H_hChS-JAH05K_qRf6FdJ8ymB22o14YSACNcBGAsYHQ/w200-h200/Drive%2BMe%2BDead%2BEP%2B2020.jpg" width="200" /></a></div> <b>Drive Me Dead - <i>s/t</i> (2020, Lostdog Records)</b><p></p><p></p><p>I <b>Drive Me Dead</b> continuano senza mai cedere la strada sonora punk rock / rock n’ roll portandosi dietro il loro background tinto fortemente dalle regioni del nord Europa (se pensate a Gluecifer, Turbonegro, Hellacopters e compagnia simile avete inteso bene). Una band che seguo sin dalle origini e, come dissi in altre occasioni, naturale proseguo dallo scioglimento dei micidiali ShowStreep Silence (di cui oggi troviamo 3/4 dei membri in line-up).</p><p>Dopo un <i><a href="https://chiodometallico.blogspot.com/2016/03/drive-me-dead-drive-me-dead.html">omonimo Ep</a></i> del 2015 e il meraviglioso album <i><a href="https://chiodometallico.blogspot.com/2018/01/drive-me-dead-whos-monster.html">‘Who’s The Monster?’</a></i> del 2018, i romagnoli Drive Me Dead si ripresentano con questo Ep di cui parlo oggi, senza titolo ma con una grinta davvero invidiabile e delle qualità indiscutibili. Aria a volte sognante, aloni oscuri avvolgenti e ritmi sfrenati porteranno nel vostro stereo una bella botta di vitalità, nonostante la passione per il “mondo dei morti viventi” sia da sempre vigilante su ogni loro produzione.</p><p>Ci penserà <i>‘I’m Evil’</i> ad aprire le danze catapultandovi in territori rock di matrice fortemente scandinava (come detto prima), sound che da sempre caratterizza i Drive Me Dead. Ad arricchire il brano alcune parti vocali graffianti di Irene dei Viboras. La successiva e marciante <i>‘I Know My Enemies’</i>, che mi ha fatto venire in mente i grandi Gluecifer alla loro prima metà di carriera (periodo <i>‘Tender is the Savage’</i> per intenderci). La band si muove compatta senza commettere passi falsi, guidata dall’inconfondibile e cazzutissima voce di Gento.</p><p>Con l’accattivante <i>‘Skin Masks’</i> – di cui è stato realizzato un fichissimo video che trovate sotto – non potrete stare fermi, perché sia chiaro che parliamo di punk rock ottimamente miscelato a sterzate rock n’ roll e quindi ci si agita seguendo il tempo. Agitate i capelli, pogate, battete i piedazzi e saltate, ma non riuscirete mai a star seduti come delle mummie durante l’ascolto!</p><p>Melodie attraenti in <i>‘Midsummer Nightmare’</i> ha un incedere dalle tinte oscure, come del resto hanno sempre inserito i Drive Me Dead sin dalle origini. In questo pezzo troviamo la partecipazione di un’altra figura nota nella scena italiana, Andrea Rock. Ad affascinarvi segue <i>‘Day Of The Dead’</i>, festaiola e condita da fantastici cori che dovrete imparare a memoria, così da accompagnare la band in sede live (quando si potrà a suonare dal vivo). A concludere questo bellissimo ascolto <i>‘Where Eagles Dare’</i>, cupa e dalle tinte fortemente punk, di quel punk che si urla tutti insieme con una birra in mano abbracciandosi sotto al palco, alzando il pugno in aria. E mi raccomando l’air guitar durante l’assolo eh!</p><p>Cosa dire in dirittura d’arrivo? I Drive Me Dead hanno saputo ribadire le loro varie qualità (che sia sulle lyrics, sulle composizioni musicali e su ogni singolo dettaglio) ancora una volta, con un prodotto registrato in maniera analogica e genuina, senza “diavolerie” digitali e aggiunte di alcun tipo. Questo EP vi regalerà circa quindici minuti di oscura baldoria realizzata con grande gusto. Gento, Luca, Wallace e Guido si riconfermano fautori di proiettili sonori che non lasciano impassibili, anzi!</p><p>Dimenticavo… Se vi capiterà di vederli in sede live, vi innamorerete di loro!</p><p><br /></p>
<center><iframe allow="accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture" allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/iFSDR-08rBI" width="560"></iframe></center>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-33111152909795282142020-04-26T16:25:00.092+02:002021-10-14T16:47:10.723+02:0010 canzoni Rock riproposte dalle band Metal<p>Sin dalle sue origini il panorama musicale conta innumerevoli cover di brani altrui. Il che non è da intendere sempre come mancanza di idee o “scopiazzamenti”, bensì, spesso, si tratta di omaggiare un artista che piace. Vedasi, ad esempio, la carriera di <b>Joe Cocker</b> – costellata da diverse cover, per citare un cantante che mi piace molto.</p><p>Stamattina mi sono alzato e, come faccio spesso, ho cercato in rete qualcosa da ascoltare. Mi sono imbattuto in una cover che mi ha stampato sul volto un sorriso, e che vi proporrò nella seguente lista delle <b>10 canzoni Rock rivisitate in chiave Metal.</b></p><p>Se qualcuno possa pensare che “coverizzare in chiave Metal” si intenda solo la musica estrema, di certo sbaglia visuale e, soprattutto, aspettative. Di fatto, alcune canzoni pubblicate da band <b>Rock</b> sono state riproposte senza chissà che stravolgimento, di certo con un sound più robusto e – spesso – con quella grinta maggiore che separa e delinea i due generi.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-7TT3TbeDcjc/YWg_JpgrPsI/AAAAAAAAgbo/rfazna49wHoYIq-AgUxALHRj3p_uIuIZACNcBGAsYHQ/s666/Anthrax.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="443" data-original-width="666" height="350" src="https://1.bp.blogspot.com/-7TT3TbeDcjc/YWg_JpgrPsI/AAAAAAAAgbo/rfazna49wHoYIq-AgUxALHRj3p_uIuIZACNcBGAsYHQ/w551-h350/Anthrax.jpg" width="551" /></a></div><p>Sicuramente alcune delle cover che sto per riportarvi le conoscete già, ma è anche probabile che tra di voi lettori ci sia qualche giovincello che ancora abbia da scoprire “novità” nel nostro amato panorama musicale “alternativo”. L’ordine che ho scelto, nel proporre queste canzoni Rock coverizzate in chiave Metal, non ha un senso; semplicemente le ho inserite mentre le ascoltavo.</p><p>Ma, bando all’introduzione, ecco <b>10 canzoni Rock rivisitateriproposte dalle band Metal</b>.</p><h3 style="text-align: left;"><b>1. SODOM – ‘Surfin’ Bird’ (THE TRASHMEN cover)</b></h3><p>Parto con una delle mie band preferite, i teutonici Sodom. La band capitanata da Tom Angelripper nel 2001 ha pubblicato l’album M-16 contenente la cover di Surfin’ Bird, brano rock ‘n roll dei The Trashmen risalente al 1963.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/ZnYzQsZXIRc" width="527" youtube-src-id="ZnYzQsZXIRc"></iframe></div><h3 style="text-align: left;"><b>2. SOULFLY – ‘Smoke On The Water’ (DEEP PURPLE cover)</b></h3><p>I Soulfly, capitanati dall’ex Sepultura Max Cavalera, proposero la loro versione della celebre Smoke On The Water nel 2008. Il pezzo non è contenuto in alcun album della band brasiliana, ma venne inserito come bonus track su Conquer. L’originale venne pubblicato nel 1972 dai rocker Deep Purple.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/a_SJpo-GFAg" width="548" youtube-src-id="a_SJpo-GFAg"></iframe></div><h3 style="text-align: left;"><b>3. SLAYER – ‘Born To Be Wild’ (STEPPENWOLF cover)</b></h3><div>I thrashers statunitensi Slayer fecero un intero album di cover nel 1996, Undisputed Attitude. Ma quella che propongo oggi non ne fa parte. La cover di Born To Be Wild degli Steppenwolf, infatti, risale al 2013 ed è contenuta della compilation B-Sides & Rarities – quella originale è del 1968.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/P5zxUT-bVeg" width="553" youtube-src-id="P5zxUT-bVeg"></iframe></div><h3 style="text-align: left;"><b>4. CORONER – ‘Purple Haze’ (JIMI HENDRIX cover)</b></h3><p>I technical thrash metaller svizzeri Coroner resero omaggio all’immortale Jimi Hendrix con la cover di Purple Haze, che pubblicarono all’interno dell’album Punishment For Decadence del 1988 – in veste di bonus track. Quella originale, invece, è del 1967.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/aPmb_KMjANM" width="565" youtube-src-id="aPmb_KMjANM"></iframe></div><h3 style="text-align: left;"><b>5. ZOMBIE APOCALYPSE – ‘Welcome To The Jungle’ (GUNS ‘N’ ROSES cover)</b></h3><p>La band thrashcore/crossover newyorchese Zombie Apocalypse, un side project con diversi artisti del genere dedicato ai “morti viventi”, diede il proprio contributo su Axl Rose e compagni con la celebre Welcome To The Jungle nel 2004, cover presente nella raccolta tributo Bring You to Your Knees: A Tribute to Guns N’ Roses. Quella originale, come ben sapete, è del 1987.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/Mz1pL9xs-5s" width="543" youtube-src-id="Mz1pL9xs-5s"></iframe></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><h3 style="clear: both; text-align: left;"><b>6. RUNNING WILD – ‘Revolution’ (THE BEATLES cover)</b></h3><div class="separator" style="clear: both;">I pirateschi Running Wild presero in prestito un brano dei Beatles, tra le band che più vantano cover in giro per il globo. Il pezzo riproposto è stato Revolution e lo si trova nell’album Victory del 2000, mentre quello originale venne rilasciato nel 1968.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/NnZ9_OsUpGc" width="614" youtube-src-id="NnZ9_OsUpGc"></iframe></div><br /><div class="separator" style="clear: both;"><h3 style="clear: both; text-align: left;"><b>7. ANTHRAX – ‘Parasite’ (KISS cover)</b></h3><div class="separator" style="clear: both;">I cazzutissimi Anthrax nel 1991 si appropriarono di Parasite inserendolo nella tracklist della raccolta di b-sides e rarità intitolata Attack of the Killer B’s. La versione originale, dei Kiss, è stata pubblicata nel 1974.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/NOOtzQ_mfKE" width="554" youtube-src-id="NOOtzQ_mfKE"></iframe></div><br /><div class="separator" style="clear: both;"><h3 style="clear: both; text-align: left;"><b>8. CARNIVORE – ‘Manic Depression’ (JIMI HENDRIX cover)</b></h3><div class="separator" style="clear: both;">I Carnivore, capitanati dal compianto Peter Steele, pubblicarono solo due album tra cui Retaliation del 1987, in cui appare la cover di Manic Depression – pezzo di Jimi Hendrix uscito nel 1967.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/TzPXP9I1YJo" width="545" youtube-src-id="TzPXP9I1YJo"></iframe></div><br /><div class="separator" style="clear: both;"><h3 style="clear: both; text-align: left;"><b>9. NORTHER – ‘The Final Contdown’ (EUROPE cover)</b></h3><div class="separator" style="clear: both;">I melodic death metaller finlandesi Norther, sciolti ormai dal 2012, pubblicarono il loro primo album Dreams of Endless War nel 2002, proponendo la cover della famosissima-issima-issima The Final Countdown – brano rilasciato dagli Europe nel 1986.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/wNvRMBqqvrs" width="553" youtube-src-id="wNvRMBqqvrs"></iframe></div><h3 style="clear: both; text-align: left;"><b>10. CHILDREN OF BODOM – ‘Ghost Riders In The Sky’ (JOHNNY CASH cover)</b></h3><div class="separator" style="clear: both;">In dirittura d’arrivo parliamo dei nordici Children Of Bodom, che omaggiarono il mitico Johnny Cash con la cover di Ghost Riders In The Sky, rilasciandola all’interno dell’album Blooddrunk del 2008. La versione originale venne pubblicata nel 1979.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/R_RAooHQ8ks" width="566" youtube-src-id="R_RAooHQ8ks"></iframe></div><br /><div class="separator" style="clear: both;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">BONUS</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;">Mi concedo una traccia bonus con una sorta di “cover” che mi ha divertito più di tutte, seppur la sua origine non sia affatto Rock.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><h3 style="clear: both; text-align: left;"><b>11 (Bonus). BUFFALO GRILLZ – ‘La Canzone Del Sale’ (LUCIO BATTISTI “cover”)</b></h3><div class="separator" style="clear: both;">Non ho potuto fare a meno di tirare in ballo i fantastici ed italianissimi Buffalo Grillz, vincitori per quanto riguarda l’ironia, la simpatica sfrontatezza e il prender per i fondelli quasi tutto, tra cui titoli, personaggi e tanto altro. La band nel 2012 diede vita al secondo album di carriera, Manzo Criminale, in cui è presente l’ironico tributo a Lucio Battisti con La Canzone Del Sale (rifacimento de La Canzone Del Sole, del 1971)</div></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/QVszQ4DTPzY" width="561" youtube-src-id="QVszQ4DTPzY"></iframe></div><br /><div class="separator" style="clear: both;">Se vuoi segnalarmi e condividere una canzone Rock rivisitata in versione Metal, puoi approfittare del modulo contatti qui sotto.</div><div class="separator" style="clear: both;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both;">Alla prossima!</div></div></div></div></div>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-28091104102178959042020-04-21T22:06:00.001+02:002020-04-21T22:06:42.452+02:00CADAVER – D.G.A.F.<a href="https://1.bp.blogspot.com/-vIYibdd9ICo/Xp9Qqim6U3I/AAAAAAAAfj0/JxtXJ5JiY20KVLfNXQH7_vPtE3KkphKoACNcBGAsYHQ/s1600/CADAVER-D.G.A.F.-EP_2020-recensioni-su-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="450" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-vIYibdd9ICo/Xp9Qqim6U3I/AAAAAAAAfj0/JxtXJ5JiY20KVLfNXQH7_vPtE3KkphKoACNcBGAsYHQ/s200/CADAVER-D.G.A.F.-EP_2020-recensioni-su-SUONI-DISTORTI-MAGAZINE.jpg" width="200" /></a><br />
<b>Cadaver - <i>'D.G.A.F.'</i> (2020, Nuclear Blast Records)</b><br />
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Tornano a farsi sentire i <b>Cadaver</b>, leggendaria band death metal norvegese che lo scorso 17 aprile ha rilasciato il nuovo Ep <i>‘D.G.A.F.’</i> dopo esser entrata nel roster di Nuclear Blast Records.<br />
<br />
La release, è la prima uscita a distanza di ben 16 anni dal precedente full-lenght <i>‘Necrosis’</i> del 2004 – senza contare un singolo dell’anno scorso e uno split del 2006. Nella line-up dei Cadaver ritroviamo alla chitarra, basso e voce <b>Neddo</b> (all’anagrafe Anders Odden e unico membro onnipresente sin dalle origini) che ha prestato le sue doti anche a Satyricon e Devin Townsend in sede live, tra le decine di collaborazioni e progetto – tra presenti e passate, ed il talentuoso <b>Dirk Verbeuren</b> alla batteria – già in forze ai Megadeth e altre realtà, insieme ad ex collaborazioni con Aborted, Soilwork e varie sessioni live con Testament e Satyricon, tra le tante.<br />
<br />
Ma torniamo all’Ep <i>‘D.G.A.F.’</i>!<br />
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Il disco si compone di tre brani che si muovono sul putrido terreno del death metal, senza se e senza ma. Tre composizioni che – in poco più di dieci minuti – riescono ad ammantare l’ascoltatore, scuoterlo a dovere e lasciarlo con le vertebre del collo schiacciate dall’headbanging.<br />
<br />
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La prima traccia, nonché title-track, vede anche un ospite speciale alla voce, <b>Jeff Walker</b> dei grandi <b>Carcass</b>. Un classico brano death metal come la vecchia (parliamo degli anni 80/ primissimi 90) scuola del genere insegna a macinare. Tempi più rallentati nella successiva <i>‘Deformed Insanity’</i>, che non vuol dire più calma e meno tesa. In conclusione troviamo la pestante <i>‘Disgrace’</i>, che ribadisce quanto dobbiate rompervi il collo seguendo il ritmo.<br />
<br />
<i>‘D.G.A.F.’</i> dei Cadaver è un piccolo ma prezioso Ep che nulla vuol inserire di nuovo nel death metal, ma che mette in mostra, ancora una volta, musicisti di grande spessore e pieni zeppi di passione e attitudine. Sicuramente un lavoro da avere in collezione per tutti gli amanti del genere!</div>
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Di seguito il lyric video della title-track, con Jeff Walker alla voce:</div>
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<iframe allow="accelerometer; autoplay; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture" allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/MAmUcGZHCa8" width="560"></iframe></center>
Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-70623446830022687892019-06-03T17:24:00.001+02:002019-06-03T17:24:57.988+02:00POSSESSED – Revelations Of Oblivion<a href="https://1.bp.blogspot.com/-p-lc94vgfpE/XPU7nEuAOCI/AAAAAAAAd04/Xk_4tjk33bIviS4OtgxwK7P8QPad0BqKACLcBGAs/s1600/Possessed-album-2019.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="440" data-original-width="440" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-p-lc94vgfpE/XPU7nEuAOCI/AAAAAAAAd04/Xk_4tjk33bIviS4OtgxwK7P8QPad0BqKACLcBGAs/s200/Possessed-album-2019.jpg" width="200" /></a><br />
<b>Possessed - <i>'Revelations Of Oblivion'</i> (2019, Nuclear Blast Records)</b><br />
<br />
Di recente sono tornati in pista i <b>Possessed</b>, pionieri e leggenda vivente del death metal, rilasciando il nuovo ed a lungo atteso album <i>‘Revelations Of Oblivion’</i> su Nuclear Blast Records.<br />
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Sono passati più di tre decadi da quel micidiale <i>‘Seven Churches’</i> (era il 1985), ma il buon Jeff Becerra – mastermind, voce ed unico membro di quella storica formazione – sembra non sentirli affatto! Il nuovo <i>‘Revelations Of Oblivion’ </i>mostra il singer in ottima forma, vocalmente maturato e più ben piazzato, ovviamente, accompagnato da musicisti di un certo spessore.<br />
<br />
I nuovi Possessed con questo nuovo e terzo album sulla lunga distanza (lunghissima) tornano in pista facendo eco, in parte, al loro glorioso passato (seppur il precedente <i>‘Beyond the Gates’</i> all’epoca – 1986 – fece in parte storcere il naso ai fan, per essere rivalutato successivamente) ma riportando le sensazioni infernali ai giorni nostri. La produzione è bella cruda e diretta, non per questo scadente e “vintage”, sia chiaro; la mano del buon Peter Tagtren (Hypocrisy) al mixer ha dato ancora una volta dei buoni frutti… ottimi direi!<br />
<br />
Se vi aspettavate un’opera nostalgica vi sbagliate di brutto, perché il nuovo <i>‘Revelation Of Oblivion’</i> mostra una band intenta a farsi valere oggi, senza voler stare ad adagiarsi sugli allori. Ritmiche calpestanti in costante fase d’attacco, su cui si innalzano riff letali provenienti dal girone infernale Possessed. Becerra resta saldo nel cantato a mo’ di “urlato”, mostrandosi in ottima forma e senza volerne sapere di cedere – con alcuni piccoli momenti di melodia azzeccatissimi. Linee vocali poco varie fondamentalmente, ma è questo che ci si aspettava da un nuovo disco dei Possessed. No?<br />
<br />
In poco meno di un’ora la band sferra un assalto verso l’ascoltatore, portandolo con violenza in ambientazioni sinistre tra death e thrash senza esclusione di colpi; partendo già dal maestoso artwork di copertina. Sin dai rintocchi di campana dell’iniziale <i>‘Chant Of Oblivion’</i> vengono i brividi, per poi partire in una viscerale corsa verso l’oscuro mondo di fiamme e zolfo, dove non mancano soli di chitarra preziosissimi, riff travolgenti, cambi di tempo adatti a rendere l’ascolto non stantio e “fermo” (per utilizzare una definizione enologica), per quanto vario possa essere un disco dei Possessed.<br />
<br />
Su tanto death metal old school – genere a cui la stessa band diede vita – ci si ritrova anche davanti composizioni che fanno emergere l’anima thrash dei musicisti, come in <i>‘Dominion’</i> – aperta da un attacco bestiale, o ancora in <i>‘The Word’</i>, dai sinistrissimi riff iniziali che mi hanno causato la pelle d’oca. Ascoltando il disco si comprende bene, tra laltro, come i Possessed siano stati formatori e forte ispirazione della scena.<br />
<br />
Si giunge senza fiato e con il collo dolorante alla conclusione nell’outro, mantenendo l’aura oscura, con <i>‘Temple of Samael’</i>. Felici dell’ascolto che, per goderne pienamente, suggerisco di ripetere successive volte. Se ad un primo impatto il disco faccia rilasciare al proprio corpo una decisa scarica di adrenalina per l’energia contenuta (ed al sottoscritto anche per il ritorno di una fenomenale band), servirà un po’ più di tempo per cogliere vari arricchimenti e sfaccettature che vi si presenteranno. State certi che non vi annoierete!<br />
<br />
Se volevate del Metal (con la maiuscola, please) di vecchia scuola, senza perdere in qualità e grinta, senza pecche e con un’attitudine da far rabbrividire qualsiasi altra band del genere, ecco <i>‘Revelations Of Oblivion’</i> dei <b>Possessed</b>! Fatelo vostro, prendetene tutti, gustatevelo, spaccatevi le ossa, date testate alle pareti durante l’ascolto, fate quello che vi pare ma, se siete fan del death/thrash metal o della band in particolare, non potete non farlo vostro!<br />
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<iframe allow="accelerometer; autoplay; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture" allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/H0DCqdF7EzE" width="560"></iframe></center>
Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-82080683171604042232019-05-10T21:08:00.000+02:002019-05-14T21:09:04.317+02:00EXTREMA - Headbanging Forever<a href="https://2.bp.blogspot.com/-rWR0Wp7h_yg/XNsSEmmwMWI/AAAAAAAAd0Q/RRb6THf4DfQBR1V_h40oZp-oTOjGtKEOQCLcBGAs/s1600/Extrema_Headbanging-Forever_album-2019.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="440" data-original-width="440" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-rWR0Wp7h_yg/XNsSEmmwMWI/AAAAAAAAd0Q/RRb6THf4DfQBR1V_h40oZp-oTOjGtKEOQCLcBGAs/s200/Extrema_Headbanging-Forever_album-2019.jpg" width="200" /></a><br />
<b>Extrema - <i>'Headbanging Forever'</i> (2019, Rockshots Records)</b><br />
<br />
Hey metalhead, sono tornati gli <b>Extrema</b>! Pronti per l’headbanging? Anzi, <i>‘Headbanging Forever’</i>, come il titolo del nuovo e settimo album in studio della band, uscito proprio oggi su Rockshots Records.<br />
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<b>Tommy Massara</b>, unico membro originario rimasto in line-up, e compagni si ripropongono con un nuovo corso che, senza dimenticare le proprie radici, rimescola le carte osando quella modernità e melodia che, miscelata ad una massiccia base thrash che ormai tutti sappiamo, forma un disco di alto livello! Forti del nuovo e versatile singer <b>Tiziano Spigno</b>, melodico ed aggressivo allo stesso tempo (se posso dirlo, un grande!), gli Extrema tirano fuori <i>‘Headbanging Forever’</i>. Riff letali in primo piano, fra thrash, groove e quella vena heavy vecchia scuola, una base ritmica che miete vittime senza pietà, ma con grande goduria per l’apparato uditivo (un po’ meno per il vostro collo), e su tutto le linee vocali che si erigono con grande maestria. Decisamente diverso dall’ex frontman Gl Perotti (uscito fuori due anni or sono), Tiziano dona quella ventata di freschezza al nuovo cammino della band. La totalità del nuovo disco è di un livello davvero alto, in cui gli Extrema tentano un nuovo passo sonoro, riuscendoci e, al contempo, trovando pienamente il mio personale consenso.<br />
<br />
L’opener <i>‘The Call’</i> mette sin da subito in chiaro la situazione, non c’è scampo per nessuno. La violenza sonora coadiuvata da travolgenti melodie la fa da padrona, per la gioia di tutti i metalhead. Brani come <i>‘For The Loved and The Lost’</i> o <i>‘Heavens Blind’</i>, pur mantenendo il marchio Extrema, non disprezzano la “nuova era” come descritta sopra. Nessun riempitivo tra le dieci tracce che compongono il nuovo <i>‘Headbanging Forever’</i>, solo tanta buona musica, rabbiosa musica che guarda al futuro, capace di travolgervi portandovi con sè.<br />
<br />
Ben tornati Extrema!<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/GlKb41YW5I8/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/GlKb41YW5I8?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-50629769044434414142019-04-29T17:04:00.000+02:002019-04-29T17:34:51.868+02:00Imparare "il cambiamento", tra paura e speranza!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<img border="0" data-original-height="333" data-original-width="500" src="https://4.bp.blogspot.com/-MZJULeh-pk8/XMcPlDwEoHI/AAAAAAAAdzY/-okUwuXvQQEEEPXolt22f8yiR0OS_mE6QCEwYBhgL/s1600/hiker-1607017_960_720.jpg" /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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Chi non mi conosce personalmente, o comunque poco, magari non sa che sono un Terrone (con la T maiuscola, please) e fiero di esserlo. Sono amante della mia terra e quando mi trovo in giro, altrove, sorrido sempre nel momento in cui rientro a casa.<br />
<br />
Nella vita, purtroppo, ci sono situazioni che ti portano lontano dalla terra che ami. Ad oggi ho sempre nascosto a me stesso la mancanza di un roseo futuro nella mia terra. Un giorno ci si sveglia e, tutto d'un tratto, non si può più nascondere dietro un dito la realtà delle cose. Si prende realmente atto che, pur non desiderandolo, occorre andare via con la prospettiva di giorni, contesti ed opportunità migliori.<br />
<br />
Credete che sia facile andare via dalla terra in cui si è nati, cresciuti e formati? Lasciare un posto da sempre considerato magico ed unico, in cui resteranno indietro tutti i propri angoli da sempre custoditi gelosamente, gli affetti e quant'altro ci abbia tenuto in piedi in ogni istante, come punto di riferimento? Non lo è, non lo è affatto! Eppure a volte, è necessario perché si è impotenti.<br />
<br />
Sono impotente davanti una strada che viene percorsa in senso errato, perché non posso far nulla per invertire il senso di marcia. Duole profondamente sentirsi una goccia nell'oceano e dover andare, per forza di cose, in direzione della corrente che non piace; allora ci si pensa, si piange, ci si dispera, ma si arriva al dunque. <i>"Dobbiamo andare via da qui!"</i>.<br />
<br />
Sono arrivato in uno di quei bivi esistenziali in cui non posso più far finta che tutto vada bene, dove nulla di quel che speravo si realizza. Un bivio in cui entrano pesantemente in conflitto il cuore e la ragione, e tu cerchi di arbitrare diplomaticamente la situazione, ma non ci riesci più, non hai più le forze necessarie. Occorre seguire la testa, perché <i>"chi di speranza vive, disperato muore"</i>, si dice. Allora ti prepari per andare via, e prima ancora di organizzare il tutto devi preparare la<i> cosa</i> più difficile di tutte, devi preparare te!<br />
<br />
Cade il velo che si è cucito con cura negli anni, in maniera da coprire tutto ciò che non và, per paura di affrontarlo. Allora il velo non puoi più rattopparlo, tigliendolo del tutto per non creare pesi inutili. Iniziare una nuova vita, mettersi in cammino su una nuova strada senza alcuna certezza, seppur con potenziali nuove possibilità. E' qualcosa di eccitante, ma che inizialmente intimorisce. D'altronde il cambiamento ha sempre fatto paura, sempre! Si inizia tutto d'accapo, magari con nuove speranza, concentrando in se tutto il coraggio di cui si dispone, aggiungendone del nuovo portato dal disgusto e dalla rabbia; il vero propulsore.<br />
<br />
Si alternano momenti di piacere per le possibili sorprese che si potrebbero incontrare, ma, al contempo, ci si perde in un filo di angoscia per il dover stravolgere tutto, non avere più accanto i propri affetti (e credetemi che è davvero dura). Il futuro è un'incognita, ovviamente, quindi voglio sperare che lo sarà in maniera positiva.<br />
<br />
Spero che questo mio sfogo possa trovar spazio nella mente di chi ci ha sempre chiamato "Terroni" con disprezzo. Doversi spostare dalla propria terra per poter vivere una vita dignitosa non è mai stato qualcosa di gradito e voluto, ma è sempre stato doveroso per diverse necessità. Chi ha la fortuna di potersi realizzare nella propria città, con i propri affetti a "portata di mano" e con i propri angoli esistenziali di sempre vicini, non lo capirà mai realmente.<br />
<br />
Dunque ti prepari al <i><b>cambiamento</b></i>, con una rinnovata speranza, con l'intento di riuscire in qualche modo. Con il pensiero fisso di poter dire, un giorno,<i> <<l'ho fatto e ci sono riuscito!>></i>. Si cerca di aprirsi a nuove opportunità, in territori diversi con nuova gente, in posti mai esplorati prima, se non per svago. Si ha quella "tremarella" che, se ben gestita, ci darà la forza di affrontare tutto e, al contempo, di riuscire a dare un senso, in qualche modo, alla propria esistenza.<br />
<br />
Non si è mai i primi, né gli ultimi, ad imparare cos'è un cambiamento. Per quanto possa sembrare, per certi aspetti, un po' immaturo il mio sfogo, credo che sia necessario avere sempre una valvola di sfogo. C'è chi ha un diario segreto, chi un migliore a amico a cui confidare i fatti propri, io ho un blog!<br />
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Come diceva un artista che amo: <i><b>"Siamo nati per perdere, ma viviamo per vincere!"</b></i><br />
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<blockquote class="tr_bq" style="text-align: center;">
<i><<Lo so che è difficile, una resistenza naturale. </i><i>È una seccatura combattere... Ma presto sarà la nostra ora, s</i><i>appiamo tutti dove siamo stati. </i><i>Tutto ciò che facciamo è vivere per vincere>> (MOTORHEAD - 'Live To Win')</i></blockquote>
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<center>
<iframe allow="accelerometer; autoplay; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture" allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/7QMnde8Imlo" width="560"></iframe></center>
Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-40927438370045917612019-04-28T22:55:00.000+02:002019-04-28T22:55:28.011+02:00FREDDY DELIRIO AND THE PHANTOMS – The Cross<a href="https://2.bp.blogspot.com/-JgFif47vmys/XMYS7zK1CYI/AAAAAAAAdzM/2KakhTIewngC6yznRhhaTcHjiJHhdfkLQCLcBGAs/s1600/Freddy-Delirio-And-The-Phantoms_The-Cross_album-2019.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="440" data-original-width="440" height="200" src="https://2.bp.blogspot.com/-JgFif47vmys/XMYS7zK1CYI/AAAAAAAAdzM/2KakhTIewngC6yznRhhaTcHjiJHhdfkLQCLcBGAs/s200/Freddy-Delirio-And-The-Phantoms_The-Cross_album-2019.jpg" width="200" /></a><br />
<b>Freddy Delirio And The Phantoms - <i>'The Cross'</i></b> (2019, Black Widow Records)<br />
<br />
Parlo sempre con piacere di <b>Freddy Delirio</b> (al secolo Federico Pedichini), noto ai più come il fantasma dietro le tastiere dei Death SS, ma dalla ben delineata personalità artistica. Un musicista dalle diverse sfaccettature che ha sempre tirato fuori dal suo magico cilindro prodotti musicali di indiscutibile valore. Oltre a Death SS, H.A.R.E.M., la parentesi Wogue e varie partecipazioni all’attivo, il buon Freddy oggi si ripresenta con il nuovo progetto <b>Freddy Delirio And The Phantoms</b>, rilasciando di recente il debut album <i>‘The Cross’</i> attraverso la rinomata Black Widow Records.<br />
<br />
Non parliamo di un semplice album, ma di un vero e proprio viaggio ancestrale per un mondo parallelo, con punti di fissione al nostro, tra racconti di vita vissuta e metafore arricchite da magniloquenti melodie e veli sonori a tratti angoscianti e fantasmagorici. Non mancano riferimenti arcaici, ancorati ad un trascorso da cui è sempre bene trarre qualcosa di buono e, magari, trovare la forza per sopportare la croce karmica che ognuno porta su di sè. Soluzioni sonore, spesso, dalle tinte oscure e sinistre, che contengono, però, messaggi e pensieri positivi.<br />
<br />
Sonorità che toccano un po’ tutte le sfaccettature artistiche di Delirio sono presenti su questo <i>‘The Cross’</i>, dal prog rock ad alcuni momenti heavy (seppur di heavy metal ci sia davvero poco sul disco), ad eteree soluzioni di “pink floyd-iana” memoria, influssi doom, ombre gotiche e tanti altri inserti – tra cui teatrali – che, durante i vari ascolti, vanno palesandosi sempre con gradevole sorpresa.<br />
<br />
Ad accompagnare il mastermind troviamo musicisti di indubbio valore, tra cui ex membri dei Death SS e, Mr. Steve Sylvester in persona nei cori del brano <i>‘The New Order’</i>. Credetemi, parlare o scrivere di <i>‘The Cross’</i> è cosa un po’ ardua, poiché siamo al cospetto di un lavoro artistico magistrale, che necessità di più ascolti; nonostante ne basti uno per apprezzarlo sin da subito – con il “rischio” di non farlo più uscire dallo stereo. Oltre ai fantastici testi, Freddy si è occupato totalmente delle parti strumentali, salvo alcuni contributi (di alto livello) da parte di Francis Thorn, Vincent Phibes, Lucky Balsamo e Christian Delirio, il giovanissimo figlio di Freddy, che ha prestato le sue qualità ai timpani (degno figlio del padre direi).<br />
<br />
Un ascolto attento, dunque, è il mio suggerimento per cogliere a piene mani quanto contenuto su questa scritta, registrata e prodotta in maniera certosina e con cura per ogni minimo dettaglio – come sempre, del resto, ha fatto Freddy Delirio.<br />
<br />
Da storie d’amore a gironi infernali, passando per disperazione e rinascita, <i>‘The Cross’</i> di Freddy Delirio And The Phantoms è un album destinato a restare a lungo tra gli ascolti quotidiani di ogni amante della musica, buona musica. Ogni brano è una storia a se stante che, al contempo, riescono ad unirsi formando un maestoso concept. Credetemi che incorniciare questa opera in un’etichetta è qualcosa di impossibile.<br />
<br />
Tralasciamo, almeno in questo caso, il genere che si ascolta. Procuratevi il disco, iniziate a farlo girare nello stereo e godetevelo dalla prima all’ultima nota. Garantisco che non vi stancherà e, anzi, vi ammalierà sempre di più. Nel momento in cui scirvo, dopo il sesto ascolto, posso dirvi che… via, vado a riascoltarlo!<br />
<br />
Per un assaggi ovi lascio il lyric video di <i><b>'In The Fog'</b></i>:<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/RQn9KX6vOzA/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/RQn9KX6vOzA?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-86846988097878581822019-04-23T14:24:00.002+02:002019-04-23T14:25:54.052+02:00Suoni Distorti Magazine riparte da Zero!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<img border="0" data-original-height="561" data-original-width="931" height="384" src="https://1.bp.blogspot.com/-ZZ1ISjL-BwA/XL8D6Vxg4mI/AAAAAAAAdyo/BjyqHnZyFLgZ1MTUBtz3ZqWA-WDvFptgACLcBGAs/s640/32283761_1782770485078869_1400609090291367936_n.jpg" width="640" /></div>
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Nella scorsa notte, alcuni problemi "tecnici" hanno portato alla cancellazione di tutti i contenuti di Suoni Distorti Magazine. Portale musicale a cui diedi vita nell'ormai lontano 2010.<br />
In questi anni abbiamo avuto modo di inserire migliaia di contenuti, tra news, recensioni, interviste, articoli tematici, live report, photogallery di eventi, e tantissimo altro ancora.<br />
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Purtroppo questi nove anni di attività sono stati cancellati e non più recuperabili (anche se qualcosa sto cercando di riprenderla tramite alcuni servizi web, ma sarà molto poco rispetto a tutto il lavoro svolto).<br />
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Pur non avendone colpa, né io né il mio validissimo team, mi sento di scusarmi con tutti coloro le cui interviste, recensioni o altro siano andate perse. Giuro che farò il possibile per recuperare dai server in rete quanto più materiale possibile.<br />
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Suoni Distorti Magazine non si ferma, anzi, ci rimbocchiamo le maniche e ripartiremo quanto prima!<br />
Grazie a tutti per i messaggi di vicinanza, per me è come se fosse un "lutto tecnologico", avendo riversato sulla webzine tempo e denaro dal 2010 ad oggi.<br />
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Non mi sento di aggiungere altro, che sarebbe superfluo. Sono solamente distrutto per quanto accaduto, ma ripartiremo, potete giurarci!<br />
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A breve saremo nuovamente on-line, come sempre su <b>https://suonidistortimagazine.com/</b><br />
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Francesco "Chiodometallico" RussoUnknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-11163801168445765792018-10-11T21:02:00.000+02:002018-10-14T21:03:34.426+02:00HANGARVAIN – Roots And Returns<a href="https://2.bp.blogspot.com/-5RhleN2IuJY/W8OSsjrsCfI/AAAAAAAAdFw/zU1OBubEmHYtDT-DdL8Cc67N_-RUHBr3ACLcBGAs/s1600/hangarvain-roots-and-returns-album-2018_recensione-su-Suoni-Distorti-Magazine.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="381" data-original-width="451" height="168" src="https://2.bp.blogspot.com/-5RhleN2IuJY/W8OSsjrsCfI/AAAAAAAAdFw/zU1OBubEmHYtDT-DdL8Cc67N_-RUHBr3ACLcBGAs/s200/hangarvain-roots-and-returns-album-2018_recensione-su-Suoni-Distorti-Magazine.jpg" width="200" /></a><br />
<b>Hangarvain - <i>'Roots And Returns'</i></b> (2018, Volcano Records)<br />
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Oggi vi parlo degli <b>Hangarvain</b>, che quest’anno son tornati in pista con <i>‘Roots And Returns’</i>. Ma prima parliamo un attimo della band…<br />
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La formazione nostrana, che per suoni sembrerebbe provenire dagli Stati Uniti (se non lo sapessi ci giurerei), mentre in realtà proviene dalla calda e solare Campania, ha lasciato dietro di sè la precedente strada dell’alternative rock per girare il timone verso quell’hard rock pomposo con forti tinte blues che tanto ricorda quei cari e vecchi anni 70/80 – qui rivisitati con un’ottica decisamente moderna.<br />
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Ognuno dei sei brani presenti (inclusa la cover “metallosa” di <i>‘I Head It Through The Grapevine’</i> – classicone pubblicato in origine da Marvin Gaye nella seconda metà dei 60s) ha ragion d’essere, quindi non esistono riempitivi, ma solo composizioni scritte e suonate per lasciar scorrere le menti creative degli Hangarvain e farli tornare alle loro radici, per molti aspetti. Vi piace l’Hard Rock dalle travolgenti melodie? Il blues sanguigno e magari anche il rhythm and blues? O volete del southern? Qui trovate questo ed altro, miscelato con gran gusto e cognizione. D’altronde la band viene dal Sud italico, come già dissi, culla di innumerevoli e brillanti menti creative …la storia insegna.<br />
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Ad aprire le danze è proprio la title-track, <i>‘Roots And Returns’</i> – il senso di “radici e ritorno” dunque – che porta subito all’attenzione i passi su cui hanno deciso di muoversi gli Hangarvain nel loro ritorno, con ben presente “occhiolino” al passato. Un brano che musicalmente conserva quell’arroganza tanto cara al vero rock, coadiuvato da melodie trainanti con alcune tinte rhythm and blues. Punto di forza e di impatto principale è la bellissima linea vocale di <b>Sergio Toledo Mosca</b>, che si muove con disinvoltura regalando una performance che personalmente definirei impeccabile. Abbastanza lineare la base ritmica creata da <b>Francesco Sacco</b> e <b>Mirkko De Maio</b>, sulla quale si lascia andare la Les Paul di <b>Alessandro Liccardo</b>, maneggiata con classe.<br />
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<i>‘Apple Body’</i> sbatte subito in faccia dei riff fortemente blues, che accompagnano l’intera traccia, in cui il ritornello vi farà viaggiare. L’assolo di chitarra è da pelle d’oca! Si aumentano i ritmi nella successiva e movimentata <i>‘Love Is Calling Out’</i>, dal sound tipicamente American Style, prima di arrivare a <i>‘Give Me An Answer’</i>, melodica e possente allo stesso tempo. Brani che definirei “antemici”!<br />
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<i>‘The River’</i> è l’ultima delle tracce inedite che si muove a velocità sostenuta, un po’ come una vecchia Dodge in corsa lungo una statale americana, dove le note accarezzano i capelli nell’andatura per un paesaggio dai colori tenui ed avvolgenti, attorniati da un elegante profumo di libertà. Si giunge al termine di questo dischetto, imperidbile per tutti i rockers che stanno leggendo, con la già citata cover di <i>‘I Head It Through The Grapevine’</i>, brano di Marvin Gaye uscito nel 1968 e qui reso decisamente “metallico” con dei riff molto southern.<br />
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Alla fine della corsa, si resta soddisfatti di tutto, ma proprio di tutto. Le emozioni ed il cuore che gli Hangarvain mettono nel comporre musica viene trasmesso a chi ascolta. La band tiene alta la bandiera del Rock italiano, e di questo ne dobbiamo dare atto, riconoscendo le indiscutibili qualità dei musicisti.<br />
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E adesso? Vediamo come si muoveranno… per il momento, come si suol dire, promossi a pieni voti!Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-2727641791765454962018-06-26T16:49:00.001+02:002018-06-26T16:50:24.974+02:00HAUNTED – Dayburner<a href="https://3.bp.blogspot.com/-aNy5RNa5Fw0/WzJSfRm0-aI/AAAAAAAAcJY/ZZGFru0jSBYkrs5LfCnDS2IMEJmaEHqJgCLcBGAs/s1600/Haunted-dayburner-recensione-album-2018.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="381" data-original-width="390" height="195" src="https://3.bp.blogspot.com/-aNy5RNa5Fw0/WzJSfRm0-aI/AAAAAAAAcJY/ZZGFru0jSBYkrs5LfCnDS2IMEJmaEHqJgCLcBGAs/s200/Haunted-dayburner-recensione-album-2018.jpg" width="200" /></a><br />
<b>Haunted - <i>'Dayburner'</i> </b>(2018, Twin Earth Records)<br />
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Torno a parlarvi degli <b>Haunted</b>, che già ebbi il piacere di incontrare – tra i miei ascolti – con il <i><a href="https://chiodometallico.blogspot.com/2016/09/haunted-haunted.html">precedente ed omonimo esordio</a></i>, ed oggi ritrovo con il nuovissimo e mastodontico album <i><b>‘Dayburner’</b></i>, uscito lo scorso mese nuovamente per la Twin Earth Records.<br />
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Se già dal primissimo ascolto venni rapito dalla magia che gli Haunted furono capaci di elargire con il primo disco, in questo secondo capitolo discografico la band siciliana aumenta il dosaggio e lo fa con un certo irrobustimento sonoro, con liturgiche cadenzate in cui ogni speranza di vedere l’alba del giorno dopo diminuisce, con una rimarcata attitudine ed un gusto compositivo rinvigorito e cresciuto, ovviamente – forte di una mastodontica vena evocativa che non lascia assolutamente indifferenti. Se posso permettermi, definirei ‘Dayburner’ un lavoro fatto in maniera magistrale.<br />
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Laddove i letali riff delle chitarre di Francesco Bauso e Francesco Orlando si innalzano, monolitici ma avvolgenti, le linee vocali della frontwoman Cristina Chimirri le ritroviamo ancora più tetre e sulfuree, senza perdere quel mood ammaliante che da sempre le contraddistinguono. Per intenderci, immaginatevi il canto di una Sirena ma in veste oscura, pronto ad attrarvi per poi darvi un taglio letale in tutta tranquillità, anche se di “tranquillo” c’è ben poco, visto l’alone sinistro che permea l’intera release. Il cambio di batterista a favore del grande Dario Casabona (già negli Schizo), ha apportato nella band una maggiore dinamicità nella base ritmica, composta anche dal roboante basso di Frank Tudisco, che tra saturazioni e vibrazioni infernali non cede neanche un istante.<br />
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Formula vincente non si cambia, dunque gli Haunted restano ben saldi nel proseguire il loro cammino heavy rock / doom con un’attitudine da paura, con un sound ancora più corposo, alcuni ampliamenti circa l’esecuzione, che porta a stati di totale ed angosciante goduria, ovviamente se siete tra coloro che gradiscono tali sonorità. Oltretutto sottolineo che il lavoro dura poco più di un’ora, suddivisa in otto nuove composizioni – una più micidiale dell’altra e delle quali non saprei quale scegliere se dovessi portarmene una come accompagnamento di giornata. Nell’indecisione, mi porto tutto il disco! La band ha dato un taglio maggiormente internazionale alle proprie composizioni e può essere annoverato, a parer mio, tra le vere promesse del panorama doom a livello globale. ‘Dayburner’, quindi, lo troverete sicuramente nella mia personale lista dei migliori album del 2018, su questo non vi è dubbio alcuno!<br />
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Seppur ci siano le influenze, immancabili del resto, provenienti da Windhand, Electric Wizzard e gli onnipresenti Padri Black Sabbath (i riff vorticosi su ‘Vespertine’ vi annienteranno), gli Haunted hanno una loro personalità funerea e malinconica, hanno davvero qualcosa da dire (leggetevi i testi quando ascoltate, mannaggia), hanno gli attributi, tutti, hanno una verve compositiva così pesante ed elegante che si sprigiona in maniera palese durante l’ascolto. Da cadenzate color pece si passa da alcuni “stacchi” solitari, come se fossero delle prese d’aria melanconiche plasmate ad influssi spettrali.<br />
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Ebbi il piacere di ascoltare un paio di questi nuovi brani dal vivo, lo scorso Settembre, e già allora capìi la direzione sonora “oppressiva” su cui gli Haunted stavano per muoversi circa il nuovo album. L’ascolto di ‘Dayburner’ ha confermato quanto la band ci aveva lasciato intuire.<br />
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Davvero dovrei stare qui a parlarvi di ogni singolo pezzo sgranandolo momento per momento? Invece perché non provate a procurarvi l’album e spararlo ad elevati decibel dal vostro stereo? Vi garantisco che non lo toglierete più dal lettore per un lungo periodo, parola di Chiodometallico! Se alla fine dell’ascolto una pesante sensazione di malinconia si sarà impadronita di voi non preoccupatevi, fa parte del gioco, come si suol dire. Ma, al contempo, state certi che al suo interno troverete anche momenti in cui potrete scapocciare seguendo le cadenze ritmiche come dei dannati!<br />
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Band micidiale, disco imperidbile, attitudine pazzesca e livelli compositivi ed esecutivi mooolto elevati!<br />
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Di seguito vi lascio il lyric video di<i><b> 'Waterdawn'</b></i>, seconda traccia del disco e primo singolo estratto!<br />
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<iframe allow="autoplay; encrypted-media" allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/lys--E4K4QI?rel=0" width="560"></iframe></center>
Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2003698759476340290.post-57926205612533784822018-05-08T14:47:00.000+02:002018-10-17T18:56:26.803+02:00Cos'è un promoter o un manager? Oggi tanti abusano di questa definizione, facciamo chiarezza!<h3>
Chi sono i promoter ed i manager? Cosa fanno? Di questa definizione molti ne abusano, spesso personaggi affacciatisi da poco nell'ambiente musicale, senza svolgere <u>nei fatti</u> i compiti che gli spetterebbero. Facciamo un po' di chiarezza su cosa siano tali ruoli e cosa comportino realmente.</h3>
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<img border="0" data-original-height="300" data-original-width="600" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-DS8zPpHHOn4/WvGcMEBI91I/AAAAAAAAbgw/_04Sid8mJnwSZqaloPbrJmgicLDlEpImQCLcBGAs/s640/tour-manager.jpg" width="640" /></div>
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Oggi ci sono tante persone in giro, nell'ambiente musicale, che si definiscono <b>promoter</b> o <b>manager</b>, in fondo senza sapere pienamente cosa comporti un tale ruolo e, al contempo, quali siano gli obblighi che si acquisiscono nei confronti di bands o singoli musicisti che vi si affidano.<br />
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Faccio una piccola premessa...<br />
<u>Non è di mio interesse</u> fare la morale a qualcuno o imporre con arroganza (o presunzione) quello che è la verità; piuttosto mi limiterò a chiarire quali siano le competenze e le mansioni che comportano l'esser <b>promoter</b> o <b>manager</b>, che, per inciso, non è colui/colei che fa suonare la band sempre nei soliti locali di zona (o nella stessa regione) o ne condivide continuamente le notizie dal proprio spazio nei social.<br />
Purtroppo molte <b>band</b>, soprattutto quelle giovani o comunque all'esordio, tendono ad affidarsi a ambigui personaggi perché mossi dalla fretta di "sfondare" e far parlare di se, elargendo a questi individui dei soldi (perché fare il promoter o il manager <b>è un lavoro</b>, sia chiaro) senza riscuotere, in effetti, quello che realmente gli spetta <i>(o spetterebbe)</i>.<br />
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Occorre anche fare una ben delineata distinzione poiché <b>promoter</b> e <b>manager</b> sono due ruoli diversi con compiti differenti, seppur con certe caratteristiche comuni, per alcuni aspetti.<br />
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Manager</h3>
E' colui che si <b>cura della band</b>, romanticamente potremmo definirlo il <i><b>papà</b></i> artistico dei musicisti sotto la sua ala protettrice. Nei fatti, il <b>manager</b>, gestisce direttamente la band (o singolo artista) nella sua interezza, quindi curandone la carriera. Favorisce allo <b>sviluppo ed incremento della sua visibilità e valore</b> sia commerciale che non, per aumentare conseguentemente la notorietà. E' importante, per quel che comporta il ruolo, avere delle solide competenze anche in ambito di <b>marketing</b>, <b>public relations</b> e riuscire ad avere una notevole capacità di <b>problem solving</b> da ogni punto di vista, compreso quello fiscale e legale.<br />
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Un <b>manager</b> deve sviluppare e mantenere ben saldi contatti e rapporti con <b>etichetta discografica, uffici stampa e promoter</b>, così da curare bene ogni "lato" riguardante l'artista interessato. Quest'ultimo, dunque, non dovrà promuoversi da solo ed avrà anche chi curerà la sua parte amministrativa, in maniera tale da permettergli di concentrarsi nella sua attività compositiva.<br />
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Credete che sia facile fare tutto questo? Occorre preparazione, nonostante sia anche la stessa pratica a preparare, competenza negli ambiti citati e, su tutto, caparbietà, flessibilità ed una buona dose (anzi, eccellente) di <b>pazienza e nervi d'acciaio</b>.<br />
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Promoter</h4>
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E' la <b>persona chiave</b> tra locations e bands, che siano del proprio roster o quelle di un'etichetta per la quale si lavora. Il <b>promoter </b>deve garantire alla band (o singolo musicista) che <b>tutto fili liscio </b>e, ovviamente deve saper <b>vendere gli shows</b> ai locali, o enti che siano.</div>
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Occorre, altresì, dedicare molto tempo alla realizzazione di un <b>database</b> di contatti con le relative caratteristiche di ogni location, dalla tipologia dello stesso, ai contatti diretti (ovviamente), al genere di pubblico abituale che frequenta il posto - così da poter proporre anche bands e artisti in linea e non rischiare (o meglio, <b>rischiare meno possibile</b>) che l'evento fallisca. Di norma è anche buona cosa informarsi bene su quali artisti siano stati già ospitati dal locale, con relativi riscontri di pubblico, sul tipo di musica che spesso gira al suo interno e via dicendo...</div>
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Il <b>promoter</b> (noto anche come <b>impresario</b>) di solito compra una band ricavando dalle singole (o singola) serate, rischiando quindi in caso di fallimento; altrimenti può vendere - facendo da tramite - uno show dell'artista/i ad enti e locali prendendo la sua percentuale (quindi guadagnandoci in qualsiasi eventualità). Oltretutto è cosa saggia instaurare e mantenere buoni rapporti con <b>promoter di altre regioni</b>, così da riuscire a far girare il proprio artista oltre confine locale. Inoltre, tra i suoi compiti c'è la collaborazione con l'ufficio stampa dell'artista - così da rafforzare la rete mediatica circa recensioni, interviste e altro <i>(non è la band che deve mandare i press kit alle testate se vi è un promoter e/o ufficio stampa dietro lo stesso, altrimenti che li pagano a fare? In tale caso allontanatelo!)</i></div>
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Qui tocco un punto <i>scomodo</i>, nel senso che alcuni <i>"promoter"</i> (virgolette d'obbligo) si definiscono tali facendo suonare le bands sempre e solo nelle proprie zone di competenza e/o sempre negli stessi locali, limitando quindi possibilità (ed in questi casi suggerirei ai musicisti di cambiare istantaneamente il promoter a cui si sono affidati). Non basta definirsi promoter (come anche manager) hobbysticamente per esser tali, occorre mettersi in campo e lavorare quotidianamente, cosa che spesso ne và a discapito di eventuale famiglia (se attività intrapresa in "ritardo") e sacrificandosi se necessario - e se si vuol raccogliere qualche frutto.</div>
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I guadagni, come indicatomi peraltro da alcuni promoter con cui ho scambiato qualche chiacchierata prima di stilare questo articolo, sono <b>bassi</b> se si lavora con <b>band emergenti o comunque all'esordio</b>; questa parte iniziale tuttavia è fondamentale per farsi le ossa.</div>
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E poi, vi sembra facile organizzare un tour curandone i vari aspetti? (ma qui entra in gioco anche il tour manager)...</div>
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<img border="0" data-original-height="351" data-original-width="660" height="212" src="https://4.bp.blogspot.com/-MXeUrJgxOW4/WvGb2Q7I4oI/AAAAAAAAbgo/vFssVzd7KrUnLkYUG5mt2RCKQrSx5MXkwCEwYBhgL/s400/social-media-manager.jpg" width="400" /></div>
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Conclusione</h4>
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Come avrete capito, non sto qui a dire come si svolgano tali mansioni nello specifico, pur sapendolo (essendo stato mio padre un ben affermato e rispettato impresario nella sua regione) ma non essendo al momento il mio campo di attività... giusto uno <i>sguardo fugace</i> su cosa siano un <b>promoter</b> e un <b>manager</b>, così da fare chiarezza in un ambiente divenuto, ormai, un mare pieno di pescecani pronti a <b>risucchiare denaro a molti musicisti</b>; per lo più giovani e inesperti nel settore.</div>
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Mi congedo ringraziandovi per aver speso del tempo, qualora abbiate letto, e come sempre rendendomi disponibile a qualsiasi forma di confronto e colloquio su questo e/o altre tematiche inerenti la musica.</div>
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Ricordo, nuovamente, che non mi sono espresso con toni presuntuosi o arroganti (me ne guarderei bene), ma solo esporre nella realtà dei fatti cosa competa normalmente ad un <b>promoter</b> e ad un <b>manager</b>. Augurandovi sempre di avere successo e soddisfazione in qualsiasi cosa fate e farete nella vostra vita, artistica o meno che sia.</div>
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A presto!</div>
Unknownnoreply@blogger.com