JUNKIE DILDOZ - Welcome To The Porn Nation



Junkie Dildoz - Welcome To The Porn Nation (2009, Autoprodotto)

Altro giro altra corsa, e ci ritroviamo davanti i fiorentini Junkie Dildoz (precedentemente noti come Revel ) con questo discreto 'Welcome to the Porn Nation'. Un album di cui l'esplicito titolo riflette l'attitudine della band, ossia un classico glam stradaiolo porno-alcolico, sulla scia di Guns'n'Roses e Poison, con fortissime influenze moderne in stile americano e qualche trovata rubacchiata ai meravigliosi Hardcore Superstar. 
Inizia l'album la title-track, seguita a ruota libera da 'Woman Be My Mistress' con gran energia, peccato però per il mixaggio poco curato. Troppa assenza di toni bassi e molti alti, con la conseguenza di fastidio se ascoltato ad elevati decibel. Forse anche una regolatina in più a qualche volume l'avrei data, personalmente. 
Continuano il discorso intrapreso la coinvolgente 'It Ain't Easy Baby', molto influenzata da Axl Rose e company e 'Hard as Sex, Hot as Rock', molto party-hard e ben fatte, ma tutte prive di personalità. 
Certo chi ama il genere, come il sottoscritto, da un lavoro simile si aspetta certe melodie e sonorità, ma certi punti sono troppo influenzati da altre bands, e si sarebbe potuta trovare qualche idea un po' più personale. 
Con 'Sometimes She Dies' giungo al termine di tolleranza per quel che riguarda l'ascoltare la performance del vocalist Tommy, che sembra davvero fin troppo sforzato a cantare con voce graffiante e ruvida. Il problema sussiste nel fatto che sebbene nel genere tale voce stia a meraviglia, qui troviamo il nostro cantare in modo palesemente forzato. E' come se la voce non fosse realmente la sua e si sforzi (e anche troppo) a renderla come descritto, il che rende l'ascolto disturbante, oltre a non essere per niente personale (la scena new glam americana gli piace palesemente). 
Gli va meglio sulla seguente ballad 'You Wring My Heart Apart', davvero ben fatta, dove sembra rilassarsi, riscuotendo i miei personali consensi. 
A conclusione del lavoro troviamo una cover discretamente riuscita di 'Anarchy in the U.K.' dei Sex Pistols ed un remix di 'Woman Be My Mistress', di cui se ne poteva fare a meno. 
Mi dispiace dire certe cose su una band che fondamentalmente è brava, ha attitudine e soprattutto propone un genere che io adoro, ma devo pur essere obbiettivo. Le due pecche elencate (lasciando stare l'impersonalità) rendono poco piacevole l'ascolto del tutto, e fanno scemare il mio giudizio personale.