LiLyUM - Crawling in the Past



Lilyum - Crawling in the Past (2010, MalEventum Records)

Ed ecco il secondo lavoro nel giro di un anno dei Lilyum, 'Crawling In The Past', che a differenza dal lavoro precedente si propongono con un batterista in carne ed ossa, ossia il bravissimo Frozen (Arcanum Inferi e Valefar), ed un sound che a differenza delle innovazioni scorse si rifà allo stile norvegese dei 90's. 
L'iniziale 'Whence Not Even Reflection Escape' getta subito la "riga stradale" da seguire e palesa le proprie intenzioni, ossia assaltare, distruggere e nello stesso tempo affascinare chi ama questo genere.
Un sound simile a quello dei rinomati Darkthrone e compagnia nordica blasfema. Successivamente troviamo 'A Fundamental Negation' che trasuda marciume e freddezza da ogni nota con riff da brivido proposti dal già "lodato" Kosmos Reversum. I tempi veloci sono spezzati da parti più cadenzate e veramente evocative, che a momenti arrivano ad un flavour horrorifico.
'Above Triumphs and Tribulation' segue la scia di questo pesante iceberg pronto ad urtare contro i vostri padiglioni auricolari e farvi davvero male. Il cantato di Lord J.H. Psycho è, come ormai risaputo, profondo ed a tratti teatrale (anche se ad oggi si trova nella posizione di ex-vocalist). 'Self Necrosis' inizia d'impatto con l'intenzione di lasciarvi senza respiro ed accompagnando le evoluzioni vocali del suddetto frontman, sostenute da riff di alte note abrasive.
Un ascolto racchiuso in affilatissime lame sonore. 'Order Of The Locust' ha un riff portante che fa l'occhiolino ai vecchi Carpathian Forest truccati da Darkthrone (che cazzo di metafora che mi è uscita). Ma attenzione, nonostante il genere non si discosti da sonorità già citate, questo rimane un lavoro con un suo perchè ed una sua furia distruttiva. Neanche una nota è fine a se stessa, come accade in molti casi similari. 
Ed il pezzo versa ad un cadenzamento finale che porta alla successiva 'Carrion Season' che sarà capace di far agitare la testa a chiunque. Il lavoro dietro le pelli è qualcosa di veramente ben fatto, ma con Frozen non poteva essere altrimenti, conoscendo il suo stile che, se mi è concesso (tenendo sempre e comunque le dovute distanze) potrei annoverare come uno dei più degni successori italiani di Fenriz. Il pezzo in questione ha in se certe ritmiche chitarristiche leggermente thrasheggianti che rendono un po' più vario l'operato ed alcune trovate vocali davvero personali.
'The Knives of Transience' è il miglior episodio del disco a livello di marciume e 'schifosità', un pezzo davvero intrigante e dall'inevitabile riascolto. Inizia cadenzata e molto sulfureggiante 'Tighten the Ranks' che avvolge con il suo abbraccio glaciale ipnotico. Un incrocio delle sei corde strutturato divinamente.
Ma arriva 'Mine is the Silence' a devastare tutto con un urlo acuto ed abrasivo (che giocherà subito dopo tra growl e parti un po' più pulite) e tempi veloci che nell'avanzare si allentano a favore di oscure vallate di pece dalla quale riemerge l'energia ad alternanza.
Conclude questo bel lavoro la title track che con sonorità degne del più tetro sottosuolo accompagnano la singola chitarra, con una certa nostalgia macabra. Più un lungo outro, che un pezzo vero e proprio, con un suo flavour burzum-iano molto ambient. 
Ragazzi un altro lavoro ben fatto e per certi aspetti spiazzante, considerato il loro lavoro precedente. Un ascolto obbligatorio per gli amanti del genere regalatoci da una band degna dell'attenzione di tutti.