Symbolyc - Engraved Flesh (2008, Autoprodotto)
I Symbolyc sono una band campana dedita ad un classico death metal di stampo tipicamente europeo, ma che riesce a rendere la proposta un po' più fresca se paragonata ad altre bands simili underground. Le muse ispiratrici di questi ottimi musicisti si possono ritrovare indiscutibilmente in bands come Vader e Behemoth. Ma parliamo di questo 'Engraved Flesh', album d'esordio autoprodotto del 2008...
La cosa che si nota sin da subito, a parte un attacco musicale violento e massiccio, è l'autoproduzione con pochissime pecche, giusto piccoli ritocchi. Una registrazione e mixaggio fatto abbastanza bene. L'opener 'Dead Inside' parte come un assalto frontale a sorpresa, ma lasciando subito spazio a tempistiche più cadenzate, alternate a tirate rocciose con riff di chitarra aggressivi, delle vere e proprie rasoiate in pieno volto. Utilizzando anche alcuni stacchetti tecnici che rendono articolato il lavoro. La Vader-iana 'Whithin The Realms Of Human Awarness' gioca molto su cavalcatine e contro tempi davvero ben eseguiti, mostrando tra l'altro un'ottima base ritmica affiatata e molto ben coordinata. Gli assoli sono proposti in maniera classica per il genere. Poi è sotto inteso che di innovazione non vi è l'ombra, seppur l'ascolto non risulta stantìo e non rende quell'idea di risentito come è facile che potrebbe succedere in questi casi.
Su 'Wingles' ho trovato alcuni spunti del riffing work di ispirazione leggermente svedese, seppur giusto un alone. Ma ci tengo a lodare il fatto che i nostri siano riusciti a rendere un lavoro pesante e massiccio senza dover a tutti i costi ricorrere a tempi tirati a razzo, per certi aspetti, anche utilizzando qualche tocco sonoro influenzato dagli americani Morbid Angel, giusto qualche sprazzo. 'Suffering' ha un apertura con la doppia cassa che trita a tutta forza accompagnando riffs vorticosi. Davvero intrigante l'attacco cavalcante subito dopo uno stacco a poco più di metà pezzo, dopo il quale le sei corde si lanciano in assoli ben fatti con un intreccio breve ma avvolgente.
'Denied' è uno dei pezzi che innalzerei come "high-lights" dell'album. Con una partenza fulminante ma che racchiude in se un momento di chitarra acustica che rende vario il lavoro, già di suo molto articolato e dall'ascolto veramente piacevole. Oltre ad assoli interessanti.
Ripeto, la cosa positiva dell'album è che nonostante non proponga nulla di effettivamente innovativo, riesce a rendere l'ascolto fluido e senza sensi di ripetitività, cosa che accade spessissimo in questo contesto musicale. Nota di merito alla voce del front man che avvolge con un growl brutale, se vogliamo da orco, ed un retrogusto alienato. 'Livin' In a Cold Lie' porta avanti il discorso fin'ora illustrato passando da tempi un po' più trattenuti e lasciandosi andare volentieri, ma non in continuazione, a tirate velocissime e cattive. Di sicuro ogni amante del death troverà pane per i suoi denti ascoltando questo lavoro. 'Oncoming Apocalypse' precede la title track che inaspettatamente è un piccolo momento di calma, meno di due minuti, di solo pianoforte, con un alone malato, diciamo un momento maligno, che permette inoltre di far riprendere l'ascoltatore dopo il massacro, prima di concludere con 'The Parasite's Curse'.
Un crescendo di chitarre, un vero e proprio muro sonoro che va innalzandosi e portare ad un attacco davvero potente e tecnico da far venire i brividi. Un altro pezzo che indicherei come i momenti migliori di tutto il lavoro. I riff sono qualcosa di veramente estremo e violento, con tutta la band che si farà ricordare. Vi si trovano alcune soluzioni di matrice svedese, rimanendo sempre fermi però al fatto che le basi di tutte le composizioni rimangono sempre le ispirazioni dei maestri polacchi di cui sopra. Gli assoli donano quel gusto melodico come appena citato che rendono più "arioso" l'ascolto. Ed a sfumare le sole chitarre che portano ad un finale accattivante.
Tirando le somme, un album ben riuscito e soprattutto davvero ben fatto da ogni punto di vista. L'unica cosa che potrebbe mancare è la personalizzazione in alcuni punti. Per gli amanti del death e del metal estremo in generale è d'obbligo un ascolto.
Ripeto, la cosa positiva dell'album è che nonostante non proponga nulla di effettivamente innovativo, riesce a rendere l'ascolto fluido e senza sensi di ripetitività, cosa che accade spessissimo in questo contesto musicale. Nota di merito alla voce del front man che avvolge con un growl brutale, se vogliamo da orco, ed un retrogusto alienato. 'Livin' In a Cold Lie' porta avanti il discorso fin'ora illustrato passando da tempi un po' più trattenuti e lasciandosi andare volentieri, ma non in continuazione, a tirate velocissime e cattive. Di sicuro ogni amante del death troverà pane per i suoi denti ascoltando questo lavoro. 'Oncoming Apocalypse' precede la title track che inaspettatamente è un piccolo momento di calma, meno di due minuti, di solo pianoforte, con un alone malato, diciamo un momento maligno, che permette inoltre di far riprendere l'ascoltatore dopo il massacro, prima di concludere con 'The Parasite's Curse'.
Un crescendo di chitarre, un vero e proprio muro sonoro che va innalzandosi e portare ad un attacco davvero potente e tecnico da far venire i brividi. Un altro pezzo che indicherei come i momenti migliori di tutto il lavoro. I riff sono qualcosa di veramente estremo e violento, con tutta la band che si farà ricordare. Vi si trovano alcune soluzioni di matrice svedese, rimanendo sempre fermi però al fatto che le basi di tutte le composizioni rimangono sempre le ispirazioni dei maestri polacchi di cui sopra. Gli assoli donano quel gusto melodico come appena citato che rendono più "arioso" l'ascolto. Ed a sfumare le sole chitarre che portano ad un finale accattivante.
Tirando le somme, un album ben riuscito e soprattutto davvero ben fatto da ogni punto di vista. L'unica cosa che potrebbe mancare è la personalizzazione in alcuni punti. Per gli amanti del death e del metal estremo in generale è d'obbligo un ascolto.