ELEKTRADRIVE - Living 4



Elektradrive - Living 4 (2009, Valery Records)

Parlando di Elektradrive, parliamo di storia del rock italiano! La band Rock/AOR torinese ha sempre tenuto alta la nostra bandiera in giro per il mondo. Ogni amante del rock li conosce (o almeno, spero), ma una piccola presentazione per i giovincelli la faccio volentieri…
La band si forma nel lontano 1983, trasformazione di quelli che furono dal 1981 sino ad allora gli Overdrive, una formazione promonitrice di un buon hard rock. Il loro primo album risale al 1986, ‘Over The Space’, per poi proseguire con il successivo ‘Due’, del 1989.
L’album ha riscosso un’enorme successo, a livello mondiale! Un lavoro di classe! Dopo il terzo lavoro, ‘Big City’ (1993), la band subirà vari cambiamenti di line-up, dal 1995 al 2000, durante i quali avrà tempo di registrare il demo ‘Scheme’.
Nel mezzo del 2004 Elio Maugeri e Simone Falovo (voce il primo e chitarre il secondo), si rimettono a lavoro scrivendo nuovo materiale. Il materiale che compone questo bellissimo ‘Living 4’ di cui oggi vi parliamo. Uscito lo scorso 2009 per Valery Records, ed oggi tra le mie mani!
Gli Elektradrive si mostrano in uno stato di salute che definirei assolutamente ottimo! Il sound dei nostri rimane fermo su quell’hard rock/AOR di alta classe, a cui ci hanno sempre abituati. Si riscontrano alcune sfumature più progressive in certi frangenti ed una caratterizzazione del sound moderna, così da riuscire a rinfrescare lo stesso, fermo restando al genere indicato. La lunga attesa dei fans della band è stata ben ripagata con un lavoro eccellente come questo ‘Living 4’, dove si potrà godere pienamente della maestria di tutti i musicisti che, nonostante il passare degli anni, mostrano costantemente la loro immutata bravura e classe.
Apre il lavoro ‘Evil Empire’ con situazioni soffuse, che vengono smorzate da riff potenti. Subito prende piede la stupenda voce di Elio Maugeri, che sembra non volerne sapere di cedere, e noi non possiamo che esserne felici. Ritornello avvincente che ben si adatta per accompagnare la vostra giornata.
Un mix di potenza e melodia ben strutturato. Lavoro perfetto di Simone Falovo alle chitarre ed una coordinazione e dinamicità, senza pecche alcune, di Stefano Turolla (basso) e Alex Jorio (batteria).
La successiva ‘Feed The Ground’ ha “movimenti” più morbidi e passionali, dove arpeggi puliti di chitarra accompagnano il cantato in maniera atmosfericamente emozionante. I cori sono ben inseriti e donano quella velatura “antemica” che vi ammalierà.
A questo punto ci tengo a precisare che tra i punti di forza di questo album c’è, appunto, l’ammaliare l’ascoltatore. Sarà davvero difficile non farvi travolgere piacevolmente da ‘Living 4’.
Tra le differenze presentate c’è la notevole assenza delle parti tastieristiche, inserite in tempi passati dal buon Eugenio Manassero (oggi fuori dalla formazione).
‘What We Still Don’t Know’ ha un classico inizio AOR style, dove, successivamente, si ritrovano gli ottimi arpeggi di chitarra d’accompagnamento, che cedono il passo ai potenti ma sempre melodici riff che vi trafiggeranno l’apparato uditivo. Sempre impeccabile la performance vocale.
(Volendo usare un’espressione già sentita… con gli anni che passano la band non invecchia, ma stagiona, facendosi più gustosa ed attraente; come un buon vino pregiato). Ritornello coinvolgente che vi verrà istintivo cantare durante l’ascolto.
La title track ha una base ben salda ed un’attrazione particolare, con alcune sensazioni progressive donate dalla chitarra che condivide perfettamente il suo spazio con le tastiere perfettamente inserite. Per finire con una soffice pioggia. ‘Do It For Everyone’ è una song morbida e melodica che mi ha fatto venire una forte pelle d’oca, tanta è l’espressività sonora intima e passionale. Elio riesce ad accrescere tutto ciò con un cantato che definirei, senza esagerare, divino, con accostamenti “coristici” perfetti alla situazione ed una chitarra solista davvero sentita dal musicista. Una sensazione che lo stesso riesce a trasferire dalla sua sei corde al cuore dell’ascoltatore. Non ho parole per riuscire a descrivere le emozioni provate. Passatemi il termine ‘spettacolare’!
Ma parliamo anche dei testi, parte a cui la band ha sempre dedicato una certa attenzione. In questo capitolo vengono trattate tematiche che vanno dalla salvaguardia del pianeta all’intimità, tramite riflessioni e domande che l’uomo si pone sul suo essere, passando anche dalle corporazioni; quel potere oscuro che si muove dietro ai governi dei popoli.
Ritorno ad un sound più energico con ‘Get Power From The Sun’, con inflessioni progressive ed alcuni momenti (e non solo qua) che si potrebbero riscontrare anche in alcune produzioni dei Queensryche, tra gli altri. Ma la band non fa nulla di ripetitivo, seppur neanche nulla di innovativo per il genere. Però riesce a rinfrescarsi ed ammodernarsi, così da proporre nuovi pezzi e non stando fermi sulle loro passate glorie. Quindi una voglia di dire altro e non fare un duplicato di se stessi. Da annoverare, in questa song, la presenza di Mauro Pagani (ex PFM) al flauto, che si inserisce benissimo nel contesto. Donando quella nota dal sapore progressivo settantiano al tutto.
Altra soluzione ammorbidita in ‘Pain’, dove la band propone tantissime emozioni avvincenti e dolci (ma non da diabete). Si riprende un sound più “aggressivo” con la successiva ‘Dirty War Of Bloody Angels’, pezzo altamente avvolgente ed antemico che vi trascinerà nei suoi ammalianti ed energici vortici sonori. E’ presente anche un video messo in giro dalla band. Una melodia che coadiuva alcuni riff massicci di matrice fondamentalmente hard’n’heavy. Ovviamente immancabile un’ottimo assolo che guarnisce un pezzo già bello di suo.
‘W.Y.S.I.W.Y.G.’ (What You See is What you Get), ha in sé alcune parti di cantato effettate che donano quell’aria moderna di cui prima, alternate a momenti di incazzatura graffiante, mentre le chitarre si fanno ben sentire, tra riff massicci stoppati e giri melodicamente possenti. Una buona dinamica ed articolazione, sottolineata dalla perfetta base ritmica. ‘Your Are Always On My Mind’ parte con chitarre pulite e calme che accompagnano  Elio che canta con l’anima e si sente. Un’ariosa apertura nell’avanzare della song dove non mancano interessanti assoli e certe inflessioni dal retrogusto progressivo. Anche qua si alterna meravigliosamente bene la voce tra momenti morbidi e situazioni graffianti (da non intendere come sporche). La produzione è pressochè priva di nei, ma non ci saremmo mai aspettati diversamente dalla band. Parliamo degli Elektradrive!
‘The Water Divine’ ha una forte dose di hard rock all’interno, oltretutto senza neanche una minima “intromissione” di parti tastieristiche (non che l’album ne fosse pieno), ed una vena compositiva massiccia, seppur la buona melodia non manchi. Una base ritmica molto dura che accompagna certe influenze tipicamente heavy metal. Oltre ad un cantato quasi totalmente effettato che mi ha fatto venire in mente certe situazioni Osbourn-iane.
‘In A Superficial Way’ lo definirei un pezzo Elektradrive, né più né meno, con ottime armonizzazioni sonore, un cantato aperto ad estenzioni piacevoli ed un lavoro ben fatto da tutti gli strumentisti. Ci si avvicina verso la fine con ‘Fake News’, dalla partenza pesante e molto heavy che viene poi messa un pò da parte per lasciar spazio a soluzioni meno possenti, ma sempre avvincenti. Un certo retrogusto hard/”blues” traspare in certi frangenti grazie all’ottima performance della chitarra, passando per una sensazione che richiamerebbe in mente i Queen, per quanto riguarda il cantato supportato dai cori. Ma sono anche ben presenti i cambi di Elio dal morbido al “rabbioso”, con una sua fluidità ed alta forma di espressività.
Si giunge alla fine di quello che è un grande album con ‘Son Of The Universe’, dalle tinte morbide che seguono la linea compositiva della precedente ‘Do It For Everyone’. Una soft song che vi ammalierà e vi lascerà con un buon sapore a fine ascolto. Seppur in questo caso ci sono momenti più grintosi, che rendono più sfaccettato l’ascolto. Una canzone bellissima!
Arrivando al conto, non nego che gli amanti dei primi lavori della band potrebbero aver bisogno di “adattarsi” alle nuove sonorità intraprese dalla stessa, anche se in generale, l’album andrebbe ascoltato più volte per poterne cogliere tutte le sue numerose sfumature.
Un grande lavoro fatto da grandi del genere. Una punta di diamante dell’hard rock/AOR italiano, consentitemelo. Suggerisco a tutti di procurarvelo se amate le sonorità rock melodiche e nello stesso tempo avvincenti e grintose.
Un nuovo capitolo che si aggiunge alla già onorabile ed incontestabilmente ottima carriera degli Elektradrive.