THE KING’S BAND - Antichrist



The King's Band - Antichrist (2012, Autoprodotto)

Qualche mese fa vi parlai dei The King’s Band tramite la recensione del demo d’esordio auto intitolato, risalente al 2009. Quest’oggi mi ritrovo il nuovo lavoro, grazie alla Necrotorture Managment, autoprodotto, intitolato ‘Antichrist’.
Come già illustrato in quella occasione, i The King’s Band sono una sorta di one man band rappresentata dall’estroso ed eccessivo Karlage King; personaggio alquanto egocentrico che incarna, per certi aspetti, gli stilemi del rocker oltraggioso e provocatore.
L’artwork di copertina si presenta con il suddetto personaggio crocifisso a testa in giù, richiamando il titolo del platter, con sullo sfondo una bandiera americana in trasparenza. Ed è proprio alla scuola rock americana che le sue composizioni si rifanno. Una pacchianata totale che però si accosta bene alla proposta, e molto meglio dell’orribile copertina del precedente demo, di cui prima.
Ricordiamo che Karlage è il compositore di musica e testi, che si circonda di vari musicisti per arrangiarli e registrarli. Anche in questa occasione ritroviamo Matteo Pellegrini alle chitarre e Antisocial al basso, mentre dietro le pelli Luca Spinozzi.
Tre dei sei pezzi presenti erano già stati presentati al pubblico nel demo precedente, ossia l’opener ‘Radio Hell’, ‘Death Or Glory’ e ‘You Are My Bitch’. Un hair metal, altrimenti detto street glam, di matrice estremamente ottantiana, con riff coinvolgenti ed una base ritmica discreta. La performance vocale mi sembra lievemente migliorata, ma in alcuni punti la voce è sforzata ed in altri non arriva proprio alla tonalità richiesta dalla situazione, steccando abbastanza vistosamente. Vediamo invece le nuove composizioni.
‘Gypsy Night’ si muove in territori molto punk, ed ha una certa dose di adrenalina che si accosta meglio al cantato poco valido del frontman, alla fine quanti cantanti punk sapevano cantare? Quasi nessuno!
Nell’avanzare del pezzo, s’intromettono alcune trovate di scuola hard’n’roll ed inflessioni hard’n’heavy donate dagli assoli chitarristici, fondamentalmente ben riusciti, anche se in certe occasioni anche evitabili o migliorabili. Un pezzo che si ascolta con piacere, ma non abbiate grosse pretese.
Il cantato non arriva alle tonalità alte in maniera adatta, però ha una sua energia e palese voglia di oltraggiare i vostri padiglioni auricolari. Ma i The King’s Band hanno la voglia, la tenacia e soprattutto un’attitudine palpabile nota dopo nota, ed i musicisti risultano ben coordinati ed abbastanza validi.
Poco fluida ‘Sex After Night’, titolo banalissimo ma coerente ed idoneo allo stile scelto dai The King’s Band, quindi siamo a posto. Il problema della song è che cambia repentinamente dai momenti più cadenzati street rock alle sparate di matrice punk senza una giusta “amalgama”. Un continuo di “accelerata-freno-accelerata-freno”, a parte uno stacco con brevi contro tempi prima di riprendere i precedenti passi. Però, ho trovato più a proprio agio il vocalist, che oltretutto, in questo cd ha una verve più “Axel Roses-iana”.
‘Trip In The Afterlife’ inizia con un’intro pianistico davvero ben fatto ed ammaliante. Ma come un fulmine a ciel sereno la band parte con riff aggressivi e massicci, in maniera del tutto inattesa. Praticamente si va da un pianeta all’altro.
Tuttavia il pezzo non è male, anche se c’è da dire che i pezzi, sono composti in maniera un pò piatta, ma comunque riescono a scorrere avanti con alcune melodie che piacciono. All’interno della song un’assolo che definirei “intimo” per poi fermarsi tutto e ritrovarsi all’attacco della chitarra classica che precede un momento solistico in elettrico accompagnata da giri di basso che ne fanno da sfondo. Una situazione abbastanza buona. Subito dopo il pezzo riprende i suoi passi, con una certa vena a metà tra il “malinconico” e lo strafottente.
Tirando le somme generali, un lavoro che risente di un’autoproduzione poco curata in fase di mixaggio e nella resa del sound; che potrebbe rendere molto meglio se fosse stato più corposo. L’ascolto sarebbe stato più gradevole con un’amalgama degli strumentisti un pò più curata, ma nonostante ciò il lavoro si riesce ad ascoltare.
Per quanto riguarda il cantato, si riscontra una lieve crescita di Karlage, rispetto al demo di debutto, ma ancora siamo distanti dal dire che si tratti di un cantante. In alcuni aspetti sembra che si sforzi a cantare dei pezzi per i quali non è del tutto portato, anche se, ripeto, attitudine, sfrontatezza ed aria arrogante e strafottente non mancano, anzi, li ha tutti e nel contesto stanno benissimo! Credo starebbe meglio come grande fan del hard’n’heavy e non come cantante del medesimo. Ma diamo a Cesare quel che è di Cesare, le composizioni da lui create non sono malaccio, anche se se andrebbero rivisti alcuni aspetti.
Mi ha fatto piacere notare una certa voglia di osare di più e dare di meglio, rispetto al passato e questo è lodevole, ma ancora non ci siamo del tutto. Un piccolo passo avanti è stato fatto, speriamo per il futuro!
Come per il demo precedente, si può anche fare a meno di questo lavoro, ma se proprio volete ascoltare tutto quello che il genere propone, fatevi pure avanti.