SOUNDSTRIKE - Manifesto



Soundstrike - Manifesto (2012, Autoprodotto)

Dalla provincia di Terni ecco che approdano tra le nostre pagine i Soundstrike, act attivo dal 2003 dedito ad un alternative metal contaminato di crossover, anche se un etichettatura molto consona alle sonorità proposte potrebbe essere nu metal.
Paleso sin da subito che il suddetto genere esula dalle mie preferenze, seppur lo conosca abbastanza, visti alcuni ascolti effettuati sia per curiosità all’epoca della sua esplosione sia per avere una visione più ampia della  musica. (non posso dire che non mi garbi molto se non so cosa sia no?)
Detto questo passiamo a ‘Manifesto’, secondo lavoro dei Nostri (se non contiamo il demo del 2005, che muoveva i passi in altro genere) che mette in evidenza tutta la loro vena distruttiva e la loro capacità. Certo i nostri si propongono senza alcuna innovazione di genere e qualche tempo dopo che il massimo dalle varie band del medesimo filone stilistico sia stato già dato; ma è innegabile la bravura di questi musicisti, oltre che la palese attitudine invidiabile.
L’album è un riuscitissimo connubio di già citato alternative/crossover e nu metal. Diciamo senza remore che si tratta di un mix di influenze tratte da certe produzioni dei Sepultura dalla seconda parte dei 90’s (ad esempio ascoltate ‘Bark’, tra gli altri) , alcune inserzioni tecnologiche che fanno pensare a certi Machine Head ed una pesante inflessione rimembrante i Korn. Questi ultimi davvero molto presenti come influenza compositiva, soprattutto se si guardano le roboanti e massicce linee di basso, che non concedono tregua. Basso nella mani di una donzella che sa come farsi sentire e mette prepotentemente i piedi in testa a tantissimi altri suoi colleghi, Arianna Svizzeretto.
Da ‘WTF’ a ‘Boot’ la band si mostra molto convinta e soprattutto convincente; riuscendo a farsi ascoltare in maniera fluida. E’ sotto il naso dell’ascoltatore l’intenzione dei Soundstrike di non fare prigionieri andando a colpire il sistema uditivo con buone composizioni supportate da una produzione ben riuscita che mette in linea tutti i musicisti.
Il cantato di Francesco Coppo si adatta bene alle basi sonore dove si stagliano i riff corposi di Francesco Grandoni, che creano un groove di fondo onnipresente ed a tratti opprimente (in senso positivo, s’intende).
La batteria risulta abbastanza articolata che è un piacere, non risparmiandosi e sapendosi muovere in ogni momento, ad opera di Mattia Morelli. Parlando appunto della base ritmica mi ha piacevolmente colpito, in particolar modo, sulla già citata ‘Bark’, che vede il perfetto mix di tutte le influenze citate fin ora. Ben riuscito anche il momento più morbido del disco, ‘In Your Memory’, song molto soft ed avvolgente. Buoni i pezzi dove la band riesce a far convivere momenti più incattiviti con situazioni a volte più “riflessive”, come in ‘Pronged Tongue’, mostrandosi buoni compositori.
In conclusione un disco che, seppur mi sento di consigliare in particolar modo a chi ascolta tali sonorità descritte, merita almeno un’ascolto da tutti, vista la qualità della band e l’attitudine che traspare.