Easy Trigger - Bullshit (2012, Street Symphonies Records)
Da Verona ecco giungere gli Easy Trigger, band adrenalinica ed estremamente festaiola attiva dal 2009 composta da validi ragazzi; Franky alla voce, Caste e Fedri alle chitarre, Bona al basso e Vinco dietro le pelli. I Nostri propongono il debut album la scorsa primavera per la Street Symphonies Records, ormai una garanzia in ambito rock’n’roll, intitolato ‘Bullshit’; di cui vi parliamo quest’oggi… Registrato presso gli Atomic Stuff studios da Oscar Burato e mixato da Gianluca Bianco e Cristiano Tommasini dei Sin Circus ai Gipsy Studios
L’intro, ‘A Good Night To Kill’, apre il disco con una situazione horrorifica, che potrebbe anche deviare le aspettative dell’ascoltatore. Subito arriva ‘Hatesphere’, prima traccia, che apre le danze nel migliore dei modi con energia ad alto voltaggio. Ritmiche antemiche e riff chitarristici che vanno dritti al sodo! Questo è un solido e travolgente hair metal, di quello che fulmina l’ascoltatore sin dal primo ascolto!
Il pezzo è estremamente grintoso con una base ritmica che non ha pecche mentre il resto della band fa di tutto per colpire, riuscendoci. Un centro pieno! Segue sugli stessi passi ‘Sex Sex Sex’ dove le linee vocali uniscono, alla parte aggressiva e graffiante già presente, alcune soluzioni più melodiche e se vogliamo “intime”.
Gran bel lavoro di chitarre in ‘Apologise’, dove le stesse si intrecciano creando tappeti sonori avvolgenti e gradevoli. Un occhio di riguardo viene speso in particolar modo per la melodia, senza mai tralasciare, però, la grinta. In alcuni spunti si giunge in territori dal retrogusto heavy.
Le band dalle quali provengono le immancabili influenze sono i ben noti Motley Crue, Skid Row, Crashdiet e compagnia colorata. Presenti anche influssi dalla scuola nord europea di certi Hardcore Superstar. Presenti ed ottimamente inseriti anche i cori del caso che istigano chi ascolta a prender parte, urlando con il pugno in aria.
Esilarante anche ‘Rocket Girl’ che tra stacchetti e momenti festaioli non manca in nulla, per quello che richiede il genere. L’attitudine è palpabile e le capacità della band sono indubbie, ottimi musicisti che sanno bene quel che fanno ( e lo fanno molto bene, oltretutto).
La produzione è perfetta nel contesto, donando spazio ad ogni musicista e mettendo in linea bene tutti, rendendo l’album fruibilissimo. Oltretutto il genere è di facile approccio; idoneo alle feste ed ai momenti “deliranti” (inteso in maniera positiva, ovviamente).
Non mancano momenti più morbidi, come ogni album sleazy/glam/hard rock che si rispetti, quindi si giunge alla ballad ‘Smokey Die Younger’, dalle melodie ammalianti che sorreggono un cantato dalle inflessioni anche punk, per certi aspetti. Vedasi ad esempio certi punti di acidità e “grezzume”.
Si riparte con l’acceleratore pigiato con la successiva ‘911’, restando sempre in sensazioni sonore degne dei gloriosi anni 80! Riff arroganti e verve strafottente per un pezzo che farà breccia nel cuore di ogni rocker.
Ci tengo a sottolineare la perfetta coordinazione dei musicisti che si muovono all'unanime senza commettere passi falsi. Oggi che sembra stia prendendo nuovamente vita la scena rock’n’roll, gli Easy Trigger meritano di stare in una posizione di riguardo, per quanto mi riguarda.
‘The Dreams’ si muove in passi un po’ diversi dal resto toccando sempre l’hard rock, ma con alcune aperture melodiche un po’ “AOR oriented” e alcune soluzioni più intimiste. Comunque un pezzo altrettanto valido e affascinante. Come per le altre canzoni, anche in questo caso la tentazione di pigiare il tasto “repeat” del lettore è fortissima. Ma state certi che cederete alla tentazione!
Cattiva e travolgente anche la title track, ‘Bullshit’, che prosegue i passi lasciati due canzoni fa, con all’interno un’accelerata punk che mieterà vittime in sede live, tanta è l’energia emessa. Non manca però un rallentamento a favore di belle melodie di chitarre nell’avanzare.
Si prosegue verso la fine del lavoro con il pezzo omonimo della band, ‘Easy Trigger’, altrettanto aggressivo. Ritmiche ancora una volta antemiche e approccio arrogante come ben si addice al genere. L’impostazione vocale mi ha fatto pensare sin da subito a Sebastian Bach (Skid Row), seppur il cantante non fa nulla per scopiazzare un vocalist piuttosto che un’altro. Le influenze sono immancabili in ogni situazione musicale esistente, ma la band riesce a rendersi “fresca” e mai proponendo momenti di noia o ripetitività, seppur si resti fermi nel genere fin’ora descritto.
L’accensione di un motore apre la travolgente ‘Route 66’ che, come il titolo suggerisce, è perfetta come sottofondo per una bella corsa sulle statali americane in sella ad un’Harley Davidson. La traccia non lascia respiro pestando in continuazione in maniera piacevolissima. Bello anche l’assolo nella seconda metà della durata. Semplice ma sentito, per quanto si percepisce.
Conclude questo bellissimo disco ‘Shootin In The Fire’, che continua il “discorso” intrapreso nella prima traccia, per lasciare chi ascolta con il sistema uditivo pienamente soddisfatto. A metà pezzo si ferma tutto e si apre un alone sonoro soft che successivamente va crescendo per riprendere i passi precedentemente lasciati. Il cantato ha quella vena “stonata” (notare le virgolette) che dona quella sensazione punk di cui prima. L’assolo prende piede verso il finale accompagnandoci al termine di questo viaggio negli eighties.
Che dire… un disco che ogni amante del buon rock’n’roll/sleazy stradaiolo e prettamente festaiolo dovrebbe procurarsi anche a scatola chiusa. Vi assicuro che nessuno rimarrà insoddisfatto! Rock’n’Roll is live!