I Cannibal Corpse hanno pubblicato da pochissimo il nuovo album ‘Violence Unimagined’, con una violenza inimmaginabile (riprendendo il titolo), come solo loro riescono a regalare. Non esistono cedimenti, non esistono fondamentali cambi di strada, non c’è “vecchiaia” che possa arrestarli… i Cannibal Corpse sono tornati a farsi ben sentire con tutta la loro violenza, il loro splatter, sangue ovunque ed ovviamente tante cose che ognuno di noi si aspetterebbe da loro, e sono adorabili proprio per tutto questo bellissimo schifo!
La prima novità da annoverare è la presenza in pianta stabile del chitarrista Erik Rutan (anche per lui non occorrono presentazioni), che ha prodotto questo ‘Violence Unimagined’ pubblicato lo scorso 16 aprile da Metal Blade Records – storico partner in crime dei Cannibal Corpse. Quindi parliamo anche del primo album di Corpse senza Pat O’Brien (allontanato a sèguito del suo arresto).
Seppur in linea di massima il disco è tutto ciò che vi aspettereste dalla band, ci sono innalzamenti qualitativi, sia a livello compositivo (Rutan ha dato anche un importante contributo), sia per quanto concerne la tecnica; con una base ritmica spettacolare in cui Webster si riconferma un bassista distruttivo e Mazurkievicz è riuscito a superare se stesso. A volte gli assalti frontali raggirano l’ascoltatore afferrandolo in maniera più ragionata, ma non per questo meno letale e distruttiva.
I brani si pongono con tanta rabbia, come ad esempio ‘Murderous Rampage’, ‘Necrogenic Resurrection’ e la dinamitarda ‘Surround, Kill, Devour’, ma senza esulare da aree piene di monolitico groove e e diverse sfumature, come il mid tempo in ‘Inhuman Harvest’ o i vari accorgimenti all’interno di ‘Follow The Blood’. Tutte le undici nuove composizioni, è inteso, sapranno far prendere fuoco al vostro stereo senza alcun problema.
George Fisher si muove con agile rabbia ricordando a tutti di essere uno dei migliori frontman in circolazione, sempre sfoderando le sue metriche malsane, attorniato da riff di chitarra che vi fioccheranno sui timpani senza pietà – che in questo nuovo disco si presentano più taglienti, con un Barret molto ispirato, tra l’altro. Qui e lì, troverete anche alcuni riferimenti al passato.
Godrete pienamente del nuovo disco dei Cannibal Corpse, soprrattutto se farete più di un ascolto, durante i quali troverete sfumature davvero interessanti. Certo, la forma sonora e compositiva resta, in larga parte, ferma a quello che avete ascoltato ad oggi della band con Fisher alla voce, ma non stanca e resta sempre e comunque una formula vincente. Un pò come le copertine dei loro dischi.