Carton - Perfect World (2012, Autoprodotto)
I Carton sono una band capitolina che prende forma nel 2007, da un’idea di Cristiano Iacovazzo, dopo aver prestato le proprie doti (voce e basso) ai Tintozenna per un decennio. Passati dagli inevitabili assestamenti di line up ed un primo album dello scorso anno, ‘Alter Ego’, i Nostri si sono rimessi all’opera giungendo alla nuova creatura che quest’oggi prendiamo in esame; l’album ‘Perfect World’. Uscito lo scorso Novembre, autoprodotto e mixato da Joel Wanasek presso i JTW recording studios nel Wisconsin, U.S.A.; ‘Perfect World’ propone un sound bello massiccio e con ritmiche travolgenti.
Volendo fare una sorta di paragone, per farvi intendere le sonorità proposte, immaginatevi una miscela esplosiva dove vengono inserite ritmiche in perfetto Pantera style, con pesanti inflessioni alternative / crossover di scuola Rage Against The Machine e spruzzate musicali da parte dei Biohazard. Una spolverata di hardcore americano degli anni novanta e la ricetta sonora dei Carton prende forma. Musica dura insomma, ma con accorgimenti melodici ben strutturati, una dose idonea di groove e ritmiche che indubbiamente vi faranno scuotere durante tutto l’ascolto.
Già dalla title track, posta in apertura, la band parte sparata in quarta, dopo un intro rivoltoso con sirene di guerra e mitragliate. I tempi, nella song, si alternano tra accelerate e momenti più cadenzati ma massicci. I riff chitarristici di Dan PK trafiggono l’ascoltatore, mentre la base ritmica composta da Ferruccio e Alessio (rispettivamente batteria e basso) rombano in maniera abbastanza articolata, senza risultare eccessivamente lineare e stantìa. Su tutto si staglia la voce rabbiosa di Cristiano che “urla” con convinzione.
Momento più thrash oriented in ‘Shut Up’, un pezzo che va dritto al sodo senza fronzoli, con un quattro quarti galoppante e violento. Song perfetta per un pogo infernale! La scelta dei riff ha qualche alone che definirei “slayer-iano”, capace di incattivire una soluzione sonora già incarognita di suo. Ottima unione di tempistiche thrash/speed con cantato in stile con i prima citati Rage Against The Machine, dove la band resta ferma in territori musicali guerrafondai. Di fatto, una cosa che riesce bene ai Carton è il loro porsi in “fase d’attacco”, per quanto riguarda il risultato d’ascolto. All’interno del pezzo stacco soffuso ma sempre rabbioso, dove una velatura di groove avvolge con aria sinistra. Ottime anche le linee di basso, ben inserite.
La produzione è ben riuscita, mettendo in linea tutti i musicisti, senza prevaricazioni tra loro e facendo fruire ottimamente l’ascoltatore, dalla prima all’ultima nota di questo album assassino. Situazione rallentata in ‘Horror Kebab’, dove la band si muove in vortici sonori impostati in tempi più trattenuti, ma con una certa verve monolitica e piena di groove. Ma basta giungere alla successiva ‘Fuckin Hard Day’ per riprendere ritmiche incalzanti e veloci, con fare distruttivo, dove una linea hardcore si fa ben sentire. Seppur non manchino alcuni rallentamenti che rendono più “arioso” l’ascolto, senza risultare eccessivamente serrato; una buona cosa.
Segue sulla stessa scia ‘Brave Captains’, dove a momenti crossover si intreccia un possente groove maligno ed un roboante basso in bella mostra, che rende più corposo il suono. La prima cosa messa in rilievo è una certa cattiveria musicale, che tira dritto a voler far male. Momenti più alternative in ‘Wrong Way’, dove echi dei Biohazard si uniscono alla miscela sonora già descritta. Seguendo nella medesima vena compositiva l’idea di non fermarsi mai.
Da sottolineare che le varie influenze citate siano da intendere come tali, appunto, quindi lungi dal voler idolatrare una determinata band o, peggio ancora, imitarla. I Carton mettono insieme le loro varie influenze, intese come il background musicali di ogni componente, unendole per costruire la propria via da seguire, con cognizione di causa, tantissima energia e grande attitudine al genere.
La martellante ‘Don’t Blame Me’, così come la sulfurea ‘Young Lost’, sono altre dimostrazioni di quanto ho appena detto. I musicisti riescono a proporre anche momenti meno veloci, ma sempre restando in piede di guerra, riuscendo a far saltare in aria chi ascolta, senza necessariamente andare costantemente come una mitraglia a tutti i costi. Oltretutto vi è dimostrazione di capacità per quanto concerne lo strutturare oscure melodie. (ma non intendete il termine nel senso di “melodic metal”, per favore).
Pezzo inerente l’apocalittica fine preannunciata dai Maya nella conclusiva ‘Prophecy 2012’; dove la band parte con profonde cadenzate, che fungono da finta calma prima della tempesta, tant’è che dopo poco parte alla grande con martellamenti ritmici e riff aggressivi, alternati a momenti più groove ed avvolgenti, come una nube sonora che non esita ad avvolgervi.
Arrivando al conto, un’album valido a cui un’ascolto è dovuto. Se amate il thrashcore con guarnizioni alternative ed una buona dose di groove, mai invadente, ‘Perfect World’ fa al caso vostro!
I Carton sono una band capitolina che prende forma nel 2007, da un’idea di Cristiano Iacovazzo, dopo aver prestato le proprie doti (voce e basso) ai Tintozenna per un decennio. Passati dagli inevitabili assestamenti di line up ed un primo album dello scorso anno, ‘Alter Ego’, i Nostri si sono rimessi all’opera giungendo alla nuova creatura che quest’oggi prendiamo in esame; l’album ‘Perfect World’. Uscito lo scorso Novembre, autoprodotto e mixato da Joel Wanasek presso i JTW recording studios nel Wisconsin, U.S.A.; ‘Perfect World’ propone un sound bello massiccio e con ritmiche travolgenti.
Volendo fare una sorta di paragone, per farvi intendere le sonorità proposte, immaginatevi una miscela esplosiva dove vengono inserite ritmiche in perfetto Pantera style, con pesanti inflessioni alternative / crossover di scuola Rage Against The Machine e spruzzate musicali da parte dei Biohazard. Una spolverata di hardcore americano degli anni novanta e la ricetta sonora dei Carton prende forma. Musica dura insomma, ma con accorgimenti melodici ben strutturati, una dose idonea di groove e ritmiche che indubbiamente vi faranno scuotere durante tutto l’ascolto.
Già dalla title track, posta in apertura, la band parte sparata in quarta, dopo un intro rivoltoso con sirene di guerra e mitragliate. I tempi, nella song, si alternano tra accelerate e momenti più cadenzati ma massicci. I riff chitarristici di Dan PK trafiggono l’ascoltatore, mentre la base ritmica composta da Ferruccio e Alessio (rispettivamente batteria e basso) rombano in maniera abbastanza articolata, senza risultare eccessivamente lineare e stantìa. Su tutto si staglia la voce rabbiosa di Cristiano che “urla” con convinzione.
Momento più thrash oriented in ‘Shut Up’, un pezzo che va dritto al sodo senza fronzoli, con un quattro quarti galoppante e violento. Song perfetta per un pogo infernale! La scelta dei riff ha qualche alone che definirei “slayer-iano”, capace di incattivire una soluzione sonora già incarognita di suo. Ottima unione di tempistiche thrash/speed con cantato in stile con i prima citati Rage Against The Machine, dove la band resta ferma in territori musicali guerrafondai. Di fatto, una cosa che riesce bene ai Carton è il loro porsi in “fase d’attacco”, per quanto riguarda il risultato d’ascolto. All’interno del pezzo stacco soffuso ma sempre rabbioso, dove una velatura di groove avvolge con aria sinistra. Ottime anche le linee di basso, ben inserite.
La produzione è ben riuscita, mettendo in linea tutti i musicisti, senza prevaricazioni tra loro e facendo fruire ottimamente l’ascoltatore, dalla prima all’ultima nota di questo album assassino. Situazione rallentata in ‘Horror Kebab’, dove la band si muove in vortici sonori impostati in tempi più trattenuti, ma con una certa verve monolitica e piena di groove. Ma basta giungere alla successiva ‘Fuckin Hard Day’ per riprendere ritmiche incalzanti e veloci, con fare distruttivo, dove una linea hardcore si fa ben sentire. Seppur non manchino alcuni rallentamenti che rendono più “arioso” l’ascolto, senza risultare eccessivamente serrato; una buona cosa.
Segue sulla stessa scia ‘Brave Captains’, dove a momenti crossover si intreccia un possente groove maligno ed un roboante basso in bella mostra, che rende più corposo il suono. La prima cosa messa in rilievo è una certa cattiveria musicale, che tira dritto a voler far male. Momenti più alternative in ‘Wrong Way’, dove echi dei Biohazard si uniscono alla miscela sonora già descritta. Seguendo nella medesima vena compositiva l’idea di non fermarsi mai.
Da sottolineare che le varie influenze citate siano da intendere come tali, appunto, quindi lungi dal voler idolatrare una determinata band o, peggio ancora, imitarla. I Carton mettono insieme le loro varie influenze, intese come il background musicali di ogni componente, unendole per costruire la propria via da seguire, con cognizione di causa, tantissima energia e grande attitudine al genere.
La martellante ‘Don’t Blame Me’, così come la sulfurea ‘Young Lost’, sono altre dimostrazioni di quanto ho appena detto. I musicisti riescono a proporre anche momenti meno veloci, ma sempre restando in piede di guerra, riuscendo a far saltare in aria chi ascolta, senza necessariamente andare costantemente come una mitraglia a tutti i costi. Oltretutto vi è dimostrazione di capacità per quanto concerne lo strutturare oscure melodie. (ma non intendete il termine nel senso di “melodic metal”, per favore).
Pezzo inerente l’apocalittica fine preannunciata dai Maya nella conclusiva ‘Prophecy 2012’; dove la band parte con profonde cadenzate, che fungono da finta calma prima della tempesta, tant’è che dopo poco parte alla grande con martellamenti ritmici e riff aggressivi, alternati a momenti più groove ed avvolgenti, come una nube sonora che non esita ad avvolgervi.
Arrivando al conto, un’album valido a cui un’ascolto è dovuto. Se amate il thrashcore con guarnizioni alternative ed una buona dose di groove, mai invadente, ‘Perfect World’ fa al caso vostro!